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Stop al precarietà del dipendente pubblico

Giovedì 19 Marzo 2015

Tutti gli operatori della P.A. che abbiano prestato la propria attività per almeno 36 mesi (anche non continuativi) negli ultimi 5 anni, a mezzo di contratti a termine o con altre forme convenzionali, comunque riconducibili a contratti di lavoro subordinato, possono agire giudizialmente per porre la parola fine alla loro condizione di precari.


La questione prende spunto da una recente ed emblematica  sentenza  della Corte di Giustizia dell'Unione Europea. Detta decisione, pur interessando nello specifico alcuni operatori della scuola, di fatto, costituisce un precedente che ha valenza generale tanto da aprire a strada a una ridda di ricorsi nell'ambito dei contratti di lavoro a termine stipulati con la pubblica amministrazione .

L'Italia ha l'obbligo di attenersi a quanto previsto dalla direttiva  dell' Unione Europea 70/1999, che con la clausola 5 dell'accordo quadro, intitolata “misure di prevenzione degli abusi” , prevede la creazione di  un quadro normativo atto a  prevenire l'abuso dell'utilizzo di contratti o rapporti a tempo determinato, cioè la reiterazione dei contratti a termine.

La tutela dei diritti fondamentali dei precari pubblici nella normativa e nella giurisprudenza italiana ha affrontato un impervio  percorso che ha creato un quadro normativo  connotato da una serie di dettati normativi ed interpretazioni giurisprudenziali spesso contrastanti tra loro o comunque non ben coordinati. Detta normativa non ha di fatto fornito un numero di disposizioni minime atte a  limitare il ricorso al lavoro a tempo determinato  e dunque la precarizzazione dei lavoratori, non adempiendo, quindi, agli obblighi presi con l'Unione.

Vero è che, trattandosi di accordo quadro, l'Unione si preoccupa di definire solo l'obbiettivo generale, mentre spetta agli Stati membri la scelta dei mezzi, tuttavia essi devono contenere misure che abbiano un carattere “non solo proporzionato, ma anche sufficientemente energico e dissuasivo per garantire la piena efficacia delle norme adottate”.
In Italia, si è proprio verificato quanto l'accordo quadro mirava ad evitare, cioè un ricorso abusivo a una successione di contratti o di rapporti di lavoro a tempo determinato, proprio da parte della P.A. , che sia nell'ambito dell'istruzione, che nella sanità che in tanti altri ambiti di amministrazione pubblica ha stipulato una serie di contratti a termine, determinando un maggior numero di precari.
La Corte di giustizia, è salda dell'affermare che, per sanare l'esistente situazione, occorre “applicare una misura che presenti garanzie effettive e equivalenti di tutela dei lavoratori al fine di sanzionare debitamente tale abuso e cancellare le conseguenze della violazione dell'Unione” (Sent. Mascolo e Sent. Fiamingo). Misure che non sembrano essere presenti nel nostro ordinamento, mancando un diritto al risarcimento del danno subito a causa del ricorso abusivo a una successione di contratti di lavoro a tempo determinato.
Ne discerne che, sulla base della ricerca di una tutela effettiva per il lavorato precario dall'abuso della reiterazioni dei contratti a termine, così come voluto quanto dall'Unione Europea quanto dall'Italia aderente alla stessa, tutti i lavoratori che hanno stipulato contratti a tempo determinato con la P.A.  per un periodo complessivo superiore a 36 mesi, potranno vedere il loro contratto divenire a tempo indeterminato.
Di tale avviso è il Tribunale di Napoli che con sent. del 21/01/2015 ha previsto, seguendo un superbo ragionamento, che quando disposto dall'art 5, comma 4-bis, del d.lgs 368/01, si applica alla P.A. e che ciò determina la costituzione e non la conversione del contratto a tempo determinato in indeterminato, sulla base del superamento dei 36 mesi complessivi di rapporto lavorativo con la P.A.
Tale decisione trova conforto nella sentenza n. 27363/14, depositata il 23/12/14, della Corte di Cassazione, che in applicazione dell'art 5, comma 4-bis, del d.lgs. 368/01, ha  di fatto ritenuto la costituibilità di contratto a tempo determinato in relazione ad un contratto pubblico a termine  non scolastico.
La strada è dunque aperta per tutti coloro che  hanno lavorato nella P.A. per almeno 36 mesi  negli ultimi 5 anni . 
                         
                Per il Codacons

             (Avv. Vincenzo Vitale)    

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