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Elogio al giovedì di settembre cegliese

Venerdì 18 settembre 2015


di Vincenzo Gasparro per Cronache e cronachette

Il testo che presento oggi alla vostra riflessione prende spunto da una antichissima tradizione che è una peculiarità della cultura popolare cegliese. Solo da noi, infatti, si festeggiano i giovedì di settembre come un rito pantagruelico e pagano e, non a caso, si festeggiano solo i giovedì che rimandano, in tutta evidenza a Giove. Il testo merita alcune puntualizzazioni grafiche perché,non possedendo lo strumento di scrittura adatto, non posso scrivere la vocale "e" capovolta. S'intende che tutte le "e" finali sono mute e scritte alla francese,così come quelle scritte nel corso di alcune parole. L'idea di questa poesia m'è venuta da una sollecitazione dell'amica Cristina la quale mi chiedeva dell'esistenza di poesie in dialetto che richiamavano questa tradizione. Personalmente non ne conosco,sicuramente,però si cantavano stornelli in dialetto. Se questa poesia è la prima specifica sull'argomento sono contento di creare un precedente, se ce ne sono altre, la mia continua una tradizione. Dell'espressione "San Rocco" ho preferito farne una crasi che meglio si avvicina alla pronuncia dialettale.Accetto volentieri i consigli di scrittura che migliorino la grafia e la valenza semantica del testo.


Jére nu giovedì de settembre
Jére nu settembre cu ciele pulite pulite
appene pittate de nuvele bianche
c'accarezzavene a cupele de Sandrocche
e stennecchiavene a murusciane a mienze a lusce.
Jére nu giovedì de quidde ca sobbe a l'ere
se ballave e se cantavene canzone d'amore
e sobbe a le sciajie le fiche durmevene
pronte pu furne doppe a peddeche.
Jére nu settembre de le prime fridde
ca recurdave u prime amore.
Jére nu settembre a ngrorjie de Giove
nu disce fittu fitte strittu stritte
mpaurite pu gele ca stave pe rrivà.
A ditte niente ci muremme na sere
come a cudu giovedì de settembre,a morte
manche l'ereme a vete pu priesce de cantà.


Era un giovedì di settembre
Era un settembre dal cielo terso/ appena dipinto di nuvole bianche/che accarezzavano la cupola di San Rocco/ e stendevano ombre in mezzo alla luce./ Era un giovedì di quelli che sopra l'aia/ si ballava e si cantavano canzoni d'amore/ e sui graticci i fichi dormivano/ pronti per il forno dopo la focaccia./ Era un settembre dai primi freddi/ci passavamo la voce nella sera/ che ci ricordava il primo amore.Era un settembre in gloria di Giove,/un parlare fitto fitto stretti stretti/ impauriti per il gelo che arrivava./Magari morissimo in una sera/come quel giovedì di settembre,la morte/ nemmeno la vedremmo per la felicità di cantare.

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