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La serata di presentazione del libro di Cesarina Ferruzzi

Martedì 25 ottobre 2016
 L'incontro con l'Autrice è stato introdotto dall'Avv. Mariangela Leporale, Assessore alla Cultura della Città di Ceglie Messapica, che ha indetto l'evento, sottolineandone l'intento non solo culturale, ma di educazione alla legalità.
 Prima di iniziare il dialogo l'Avv. Augusto Conte ha rilevato il valore letterario del testo e il significato sociale che offre di notevole impatto sul problema del carcere, della custodia preventiva e dei suoi eccessi, della estenuante durata dei processi e delle indagini preliminari, dello spazio vitale nelle celle, del sovrafollamento, dei suicidi, dell'ergastolo ostativo, della inerzia, della necessità di prevenzione dei reati e di espiazione delle pene in condizioni umane insostenibili, evitando il degrado della persona e l'emarginazione dalla società in un mondo di esclusi, che non attuano le finalità rieducative delle pene e deresponsabilizzano i condannati, con rimozione del senso di colpa e incomprensione delle finalità della detenzione.
 Nell'avvio del dialogo con l'imprenditrice-scrittrice, che ha trasfuso in una toccante e significativa biografia l'esperienza vissuta nel Carcere di San Vittore di Milano in esecuzione di una ordinanza di custodia cautelare in carcere nell'ambito di indagini di natura fiscale sulle attività della Società operante nel settore dell'ambiente nella quale dirigeva la sezione che si occupava di soluzioni tecnico-ambientali, l'Avv. Augusto Conte ha richiamato analoga esperienza vissuta dal sig. K. raccontata da Franz Kafka nel romanzo IL PROCESSO del 1914: come ha raccontato Cesarina Ferruzzi il campanello della sua abitazione viene suonato da tre persone che le intimano di seguirla, consegnandole un atto giudiziario lungo e complesso, dal quale non riesce a comprendere la sostanza delle accuse che le vengono mosse.
 Inizia così la sua spersonalizzazione e la trafila delle operazioni preliminari, foto segnaletiche, impronte digitali e trasferimento al carcere per occupare un letto a castello intriso di precedenti tracce umane che la lavanderia non era riuscita a eliminare, l'uso di un antro per servizi igienici e nel contempo di conservazione del cibo, la convivenza in uno stretto spazio con altre tre persone, che scaraventano una donna inserita in una società normale, in una società distopica.
 Cesarina racconta i percorsi per raggiungere la sala colloqui finalmente ottenuta con i famigliari e l'ancora di possibile salvezza riposta nell'Avvocato difensore; le “domandine” per ottenere qualsiasi cosa; la “spesina” per l'acquisto di pochi indispensabili oggetti; le “perquise”, perquisizioni personali in ogni passaggio di settore carcerario.
 Ma racconta che a un certo punto, anche ispirata dalla necessità di venire incontro a recluse sprovviste di ogni attenzione umana, ricorre alle sue risorse imprenditoriali, chiede insistentemente (sempre con “domandine” indirizzate alla S.V.I.) e ottiene una sala di ginnastica, si fa portare delle cassette e organizza corsi di ballo, allestisce un coro che si esibisce nella celebrazione della Messa di Natale, scrive le “domandine” per le detenute incapaci o straniere; trova un senso nella detenzione, ne comprende le sofferenze che provoca; ricomincia a essere “persona”.
 Quando esce dal carcere, dopo un breve periodo agli arresti domiciliari, Cesarina è un'altra persona e nella nuova dimensione umana decide di parlare e diffondere la sua esperienza di donna, giovane, colta, gradevole, sprofondata nell'abisso del carcere, raccontandosi e raccontando in un libro, il cui ricavato destina opere sociali delle città ospitanti, confrontandosi, diffondendo il disagio della detenzione in maniera forse anche più efficace di un trattato o di una conferenza sulla necessità di rivisitazione delle pene.


 Al termine del seguitissimo incontro l'Avv. Augusto Conte ha donato alla scrittrice la sua pubblicazione dell'anno 2013 sui sistemi delle pene che nella prefazione rilevava che è giunta l'epoca di un mutamento e una rideterminazione dei criteri ispiratori dei fondamenti giuridici e culturali dei principi punitivi, di una “filosofia” mirante a interventi di istruzione e occupazione, di mezzi processuali rapidi che assicurino “certezza” del processo e della pena, di misure diverse della custodia cautelare in carcere che in molti casi opera come residuato della tortura.


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