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Convegno su Bartolo Longo

Mercoledì 23 ottobre 2019
 L'OPERA DI BARTOLO LONGO A SOSTEGNO MORALE DELLA DECIZIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE SULL'ERGASTOLO OSTATIVO.

 Il XVI° Meeting CITTADINANZA PIENA E UNIVERSALE (Latiano, 20/27 ottobre 2019) si è aperto il 21.10.2019, in concomitanza con il 40° dell'Istituzione della Fondazione OPERA BEATO BARTOLO LONGO, e del 40° anno della beatificazione di Bartolo Longo

 Sul Tema SINFONIA DI IDENTITA' E DI DIRITTI NELLA CITTA' PLANETARIA, dopo la Presentazione di Don Franco Galiano, sono intervenuti Cataldo Zappulla, Suo Maria Flora di Guillena, che svolge il suo ministero a Pompei e l'Avv. Augusto Conte, che ha indicato una ulteriore coincidenza nella Decisione che il 22.10.2019 assumerà la Corte Costituzionale sulla legittimità costituzionale dell'art. 4bis dell'Ordinamento Penitenziario che disciplina il “carcere ostativo” (fine pena 31.12.9999), rientrando nei Diritti Planetari i “separati” dalla Società.

 Nella sua Relazione l'Avv. Augusto Conte ha indicato come la decisione, oltre ad avere consistenza civile e giuridica, può considerarsi come un proseguimento del pensiero di Bartolo Longo sulla pena, ancora oggi pienamente non attuato.

 Il 7.10.2019 la GRAND CHAMBRE della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, nel confermare la Sentenza della CEDU del 13.6.2019 che ha ritenuto violare l'art. 27 della Costituzione Italiana che vieta trattamenti punitivi contrari al senso di umanità. ha invitato l'Italia a modificare il “carcere ostativo duro” (“FINE PENA MAI”) consentendo alla Magistratura la valutazione dei progressi nell'avanzamento della rieducazione del detenuto, anche senza il comportamento collaborativo ai fini della individuazione di reati e complici, non liberamente adottato e volte reso impossibile da rappresaglie personali o alle famiglie.

 Il 22 ottobre 2019 la Corte Costituzionale deve pronunciarsi sulla rilevanza costituzionale dell'art. 4bis dell'Ordinamento penitenziario considerando che per il reinserimento sociale è fondamentale la “rieducazione”.

 La questione pone in rilievo la condizione umana delle vittime e dei famigliari delle vittime di atti di violenza, per i quali anche la loro pena non si estinguerà MAI, in riferimento al principio concentrato nella estressione della “giustizia capovolta”, che riguarda la sensibilità delle persone offese dai reati.

 In tale prospettiva si pone, sotto un profilo anche di carattere religioso, oltre che morale, l'opera meritoria nel campo sperimentale e sociale, che onora la storia della categoria forense, realizzata con il sostegno di Papa Leone XIII° e il generoso aiuto di gente ricca e povera, di politici, di militari, di pubblici funzionari e operai, religiosi, e finanche poveri condannati, l'istituzione oltre a un Orfanotrofio, di un Ospizio, che divenne accogliente luogo per attività lavorative, musicali e ginniche, che ospitava i figli dei carcerati (il cui Regolamento fu steso insieme all'Avvocato penalista e sindaco di Napoli Nicola Amore) osteggiata dalla scienza imperante e dalla stampa, qualificata ciarlatanesimo a fini speculativi all'ombra del Santuario, che lo definì “un tale togatulus”, un impostore affaccendato a trarre denaro da idee meschine all'ombra della Madonna di Pompei; per i più benevoli la Valle di Pompei sarebbe diventata un vivaio di delinquenti, un covo di belve. Si scatenò contro Bartolo Longo una lotta di potere economico che mirava a estrometterlo dalla gestione degli Istituti; a Papa Pio X era stato dipinto come uno degli avvocati più imbroglioni d'Italia e, come fu scritto in occasione della presentazione dell'uomo prossimo a essere dichiarato beato su “La Civiltà Cattolica” del 18 ottobre 1980, fu chiesta la sua scomunica perchè accusato da persone successivamente screditate, tra i quali un frate, che poi fu arrestato per abusi e da altro soggetto poi divenuto eretico.

 Secondo la scuola di antropologia criminale di Cesare Lombroso la trasmissione della tendenza al crimine si concentrava nella espressione “figli di ergastolani, predestinati ergastolani”, non essendovi nulla da fare per l'educazione dei figli di delinquenti.

 Cesare Lombroso allo studio del delitto aggiunse quello del delinquente affermando la corrispondenza tra fisico e morale, assegnando all'uomo vizioso, immorale, delinquente i caratteri fisici e psichici, esagerati fino alla mostruosità, che nella estetica e nell'etica di un dato popolo in un dato momento contrassegnavano la bruttezza, e adottando il sistema di congetturare dai lineamenti del volto e da altri segni caratteristici della persona, quali la fisionomia la configurazione delle parti ossee del cranio, cui si pretese far corrispondere le singole parti del cervello, e altri segni degenerativi bitorzoli frontali, asimmetrie, ampiezza e strettezza della fronte, conformazione del naso e delle orecchie, atti a distinguere l'uomo delinquente dall'onesto o normale, l'andamento interno dell'animo, le naturali attitudini, l'indole, le inclinazioni, le passioni, le virtù, i vizi, fino al punto che tra più sospettati il maggiore indiziato era quello più brutto; oltre al rapporto tra fisico e morale sosteneva la correlazione tra organi e funzioni e tra cervello, intelligenza e moralità; nel pensiero, divulgato nell'Uomo Delinquente, del delinquente per costituzione rapportava l'intelligenza e i sentimenti alla forma del cranio.

 Come svolgimento ulteriore della scienza criminale del Lombroso, l'esponente  della scuola criminale positiva Enrico Ferri, nella espansione del metodo positivo ad ogni ramo dello scibile umano, riteneva che il reato è un ente di fatto, una azione da studiare come azione umana, come fenomeno naturale e sociale, in contrapposizione alla scuola classica o idealista di diritto penale propugnata da Carrara, secondo la quale il delitto è un ente giuridico la cui essenzialità consiste nella violazione di un diritto che è congenito all'uomo perchè dato da Dio al momento della sua creazione.

 BARTOLO LONGO si rivolse alla classe più abbandonata dei fanciulli (che la scienza ufficiale distingueva in nati delinquenti e nati onesti), i figli dei carcerati e dei forzati che rivedranno i loro figli se non quando li raggiungeranno a loro volta nelle prigioni per effetto dei propri delitti: i figli dei carcerati, condannati dalla nascita a battere la via del crimine, non godevano neppure dei benefici degli orfani perchè non lo erano, ed erano costretti a portare il marchio dell'infamia; raccolse così, come egli stesso racconta “...il grido represso che da tanti anni racchiudeva l'eco di tanti drammi ignorati dalla infanzia derelitta, di tanto inenarrabili sventure, di tanti clamori di misere madri e padri sciagurati che, dal fondo delle galere, dal fondo delle prigioni, stendevano le scarne braccia, facendo uscire da quei buchi tenebrosi voci lamentevoli di pietà imploranti soccorso per l'infelice loro prole, innocente delle loro colpe...”.

 La scommessa di Bartolo Longo fu vinta con il criterio del lavoro e della preghiera, facendone una dimensione sociale, colmando il distacco della società degli uomini liberi dal mondo delle famiglie dei carcerati, vincendo la indifferenza e la diffidenza, contrapponendo alla scienza la giustizia e la carità, contro lo scetticismo della scuola positivista e scardinando e rivoluzionando i principi disumani della scienza antropologica criminale sulla trasmissione della tendenza al crimine, con il finale consenso di Magistrati, Direttori Carcerari e detenuti-genitori, scrittori, filosofi e quindi di studiosi di scienze penali in Italia e all'Estero sulla constatazione che giovani provenienti dall'Istituto si erano inseriti in officine, nel clero, nell'esercito, nelle bande militari e persino all'Estero.

 Bartolo Longo ispirando le sue azioni a salvaguardia della spiritualità dell'anima ha svolto una elevata missione a tutela della libertà, su cui si fonda la moralità degli atti umani e la responsabilità delle azioni dell'uomo; la sua opera fu definita “non solo pietosa quanto altra mai, ma altrettanto sociale e senza misura civilizzatrice”.

 Il messaggio di Bartolo Longo deve essere ancora in pieno accolto; già alla fine del 1800 era stato osservato come i sistemi carcerari si erano mostrati inferiori così alla scopo prefisso che all'utile sperato e si richiedeva di provvedere con urgenza a quella che veniva definita “bancarotta dell'odierno sistema penale”; nella attuale epoca a distanza di circa un secolo e mezzo, la civiltà esige un mutamento e una sostanziale rideterminazione dei criteri ispiratori dei fondamenti giuridici e culturali e dei principi punitivi e una filosofia etica della pena, con l'adozione di interventi di istruzione e occupazione, di metodi alternativi alle misure detentive, non soltanto per una attenzione umanitaria e per una utilità sociale, ma per un problema di legalità violata determinata da sovraffollamento, mancanza di spazi vitali, promiscuità rispetto alla posizione giuridica e alla tipologia dei reati, limitazione di comunicazioni con l'esterno, condizioni carcerarie che tolgono la dignità e coinvolgono i familiari dei detenuti, difficoltà di procedere alla rieducazione alla legalità e alla osservazione della personalità, inerzia per venti ore al giorno, che producono rimozione del senso di colpa, incomprensione della finalità della pena e deresponsabilizzazione.

 Il messaggio di Bartolo Longo richiede un forte impegno culturale per colmare il distacco della società degli uomini liberi dal mondo del carcere e della pena, con lo scopo di vincere la indifferenza e la diffidenza nei confronti dei condannati, che costituiscono ostacoli alla loro inclusione sociale, diffondendo la consapevolezza che la migliore difesa sociale si realizza con il reinserimento e non con l'emarginazione del recluso, e vincendo l'istinto e la vocazione repressiva, anche in attuazione dei dettati della Costituzione Italiana e della Convenzione per la Salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle Libertà Fondamentali che vietano l'inflizione di pene e trattamenti inumani o degradanti, e mirano al reinserimento nella società.

                                                                    
                                                    Avvocato AUGUSTO CONTE

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