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CENTRO DI RIABILITAZIONE DI CEGLIE MESSAPICA

Cogliamo un eccessivo entusiasmo da parte dei proponenti della legge regionale, oggi approvata in Consiglio con l’astensione di tutto il centrodestra, che trasferisce il Centro di riabilitazione di Ceglie Messapica, dopo oltre 20 anni di proroghe, dalla Fondazione San Raffaele alla ASL di Brindisi, vale a dire da una gestione privata a una pubblica.
Quando parliamo di salute siamo convinti che al centro ci debba essere solo e unicamente il cittadino, meglio: l’ammalato. Per questo non siamo ultras né della sanità pubblica, né di quella privata convenzionata, ma sempre convinti che le due debbano interagire per assicurare i servizi sanitari e socio-sanitari degni di questo nome. La Fondazione in questi anni ha offerto un servizio che potremmo definire discreto, sicuramente migliorabile, ma un servizio è stato garantito. Tenuto conto che non è stata una giunta di centrodestra a prorogare continuamente la gestione al privato. Ora improvvisamente, da un momento all’altro, qualcosa deve essersi rotto e come un fulmine a ciel sereno è stata presentata una proposta di legge, oggi approvata, per far passare la gestione al pubblico. Noi incrociamo le dita e speriamo che questo passaggio non comporti un servizio, per altro indispensabile in una provincia come quella di Brindisi, con la sanità fanalino di coda della Puglia, ma qualche dubbio abbiamo tentato di sollevarlo, senza avere molte risposte: che fine fa la gara indetta per la gestione? Il personale come verrà garantito, abbiamo previsto che dal privato al pubblico sia garantito almeno il passaggio del 50%, come sarà scelto? E l’altro 50% (tenuto conto che stiamo parlando di circa 150 lavoratori)? E che fine fa la delibera che prevedeva che la gestione alla Fondazione terminasse in concomitanza dell’apertura del Centro risvegli?
Insomma, tanti interrogativi e una sola certezza per il momento: che ai pugliesi il Centro di Riabilitazione di Ceglie prima costava poco più di nove milioni di euro, e con il pubblico costerà poco più di un milione di euro in più, vale a dire l’affitto della struttura che la Fondazione versava alla ASL e che ora non sarà più versato.

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