Lunedì 17 Agosto 2015
San Rocco: luoghi e ragioni di carcerazione e morte
di Augusto Avv. Conte per Cronache a cronachette
E' fuori dai propositi di Dio che
San Rocco sia morto lontano da Montpellier: oltre a questa motivazione ispirata
alla fede, la tradizione storica e fatti oggettivi, raccolti e commentati da
agiografi, martirologi e storici, convincono sulla validità della ricostruzione
operata e sostenuta dalla Scuola Francese, e in particolare da Francoise
Bouchard in “Saint ROCH – le Guerisseur
de l'impossible” (Montsurs, agosto 1998) il cui testo in francese, acquistato a
Montpellier, mi è stato donato qualche anno addietro.
La tradizione della Scuola
Italiana che colloca la sua carcerazione e morte a Voghera o ad Angera, non è
storicamente, né logicamente, confermata.
Quando, interrompendo gli studi
di Diritto, con qualche “escursione” in quelli di Medicina, emulando i “romei”
che transitavano da Montpellier, o vi facevano tappa, per raggiungere Santiago
di Compostela o Roma, ai quali forniva da bere e da mangiare, e assumendone
l'abito e il corredo, Rocco si fece pellegrino, vendette i suoi beni
distribuendoli ai più indigenti, ma, contrariamente alle correnti informazioni,
una certa parte la affidò in gestione allo zio paterno: il fatto rileva ai fini
della ricostruzione dei fatti connessi al rientro in patria.
Il padre, Jean de la Croix,
venuto a mancare quando Rocco aveva 17 anni (la madre Liberia la perderà due
anni dopo) pur avendolo avviato agli studi di Diritto per vederlo succedere
nelle sue funzioni di Governatore, nel testamento lo invitò a impiegare il suo
patrimonio nel servire Dio, essendo l'avarizia l'origine di tutti i peccati, e
a occuparsi dei poveri e dei malati “non esitando a porre le mani nelle piaghe
più ripugnanti”, al fine di attirarsi la benedizione di Dio.
Debellata la malattia di peste
che lo aveva attinto all'inguine, ove, come per le ascelle alligna la malattia,
contrariamente alle raffigurazioni che per rispetto del pudore collocano il
bubbone sulla coscia, sul ginocchio o sulla gamba, al termine dei viaggi
dispensatori di grazie e guarigioni, e contrariamente alla Scuola Italiana,
rientrò a Montpellier, per essere accolto con tutti gli onori per la fama
conquistata di taumaturgo; invece fu fatto arrestare dal nuovo Governatore
mentre si era seduto per rinfrescarsi dal viaggio presso una fontana, sulla
quale ora sorgono una statua del Santo e una targa commemorativa dell'evento,
non per essere sospettato di spionaggio, come comunemente affermato senza
spiegazione del contenuto, ma con la pretestuosa giustificazione, alimentata
dalla apparenza fisica, di essere uno dei componenti delle Grandes Compagnies,
Bande di mercenari al soldo dei principi durante la guerra dei Cento Anni, allo
sbando e dediti a furti e rapine, dopo il raggiungimento della pace nel 1360.
Fu chiuso in una cella ove si
consumò in cinque anni di lenta agonia, senza rivendicare il suo ruolo (o per
non essergli stato consentito di farlo), sopportando il sacrificio in uno stato
di santità in lui già presente.
Approssimandosi alla morte dal
suo corpo emanò un intenso chiarore che proiettava intorno a lui raggi
luminosi, quasi ad attestare la sua funzione di faro nel suo secolo.
Diffusosi il fenomeno venne a
trovarlo il Governatore accompagnato dalla madre che appreso che il moribondo
si chiamava Rocco “scoprì” che si trattava del proprio nipote, ricevendone
conferma dalla croce rossa impressa sul petto di Rocco fin dalla nascita: tutti
gli abitanti di Montpellier vennero a prostrarsi davanti al caro concittadino,
considerandolo una gloria per la loro città.
Il Governatore era lo zio,
affidatario dei beni e la madre era la nonna di Rocco, probabilmente
inconsapevole delle iniziative del figlio. Il rapporto di parentela con le
predette persone esclude che le stesse potessero essersi trasferite a Voghera o
ad Angera (forse confusa con Voghera) e conferma la carcerazione e la morte in
Montpellier.
Gli Autori dei testi francesi
consultati non vanno oltre nella valutazione “politica” degli eventi,
probabilmente per ragioni di riservatezza o per diversa formazione
professionale; ma una ricostruzione logico-forense fondata sui fatti indicati
mi porta a stabilire che l'arresto del Santo e la sua detenzione, tenuta
nascosta alla popolazione, protrattasi per cinque anni senza processo, del
quale non esiste alcun riferimento, né storico, né leggendario, fosse opera dei
famigliari usurpatori dei suoi beni lasciati in gestione e delle funzioni nel
Governatorato della zona, nel timore che Rocco, ancora giovane (la data di
nascita è collocata dalla storiografia francese probabilmente nell'anno 1348 e
quella di morte al 16 agosto 1380) poco più che trentenne, volesse rientrare
nel possesso degli uni e nell'esercizio delle altre.
Ritengo che la storia di Rocco
sia uno dei più antichi fatti nei quali confluiscono esempi di santità e
carità, da una parte, e di impossessamento di denaro e ambizione di potere,
dall'altra.
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