Martedì 15 Settembre 2015
Ricordando il grande medico sportivo Enrico Arcelli.
Molti
lo ricorderanno, altri invece si chiederanno “chi è Enrico
Arcelli?”, per avere un’idea, anche se abbondantemente
insufficiente, della sua grandezza forse basterebbero le prime due
righe della presentazione fatta da il Giornale.it,
il giorno dopo la sua morte avvenuta il 30 giugno dell’anno in
corso. Ecco cosa scrive :<<A
suo modo Enrico Arcelli è stato un visionario e un grande
precursore, tanto da portare lo sport in una nuova dimensione,
inventando di fatto una nuova figura, quella del preparatore
sportivo>>. Posso
dire di aver avuto la fortuna di conoscere personalmente il prof.
Arcelli, condividendo aggiornamenti di medicina dello sport e ben tre
miei progetti, di cui uno legato alla Coppa
messapica, la nota corsa
ciclistica che è prossima a svolgersi nella nostra città di Ceglie,
il 26 settembre p.v..
Non
ricordo con assoluta precisione il giorno in cui incontrai per la
prima volta Enrico Arcelli, ma con buona approssimazione posso
affermare di averlo incontrato poco dopo essere giunto in Lombardia,
a seguito del trasferimento della mia famiglia, avvenuto la notte
delle stelle cadenti del lontano agosto 1969, dalla mia amata Ceglie.
Fu Alberto Cadonà, oggi professore ed allenatore, allora giovane
atleta con un fresco primato italiano sulla breve distanza, ottenuto
presso il Centro di preparazione olimpica di Formia e mio nuovo
compagno di associazione sportiva, a farmelo conoscere (a Ceglie
avevo lasciato Lillino Spilotro con il quale io, Pietro Colucci,
Carlo Nisi e qualche altro avevamo dato vita alla “Stella Azzurra”,
associazione di atletica leggera). Ricordo come se fosse avvenuto
ieri, in una splendida giornata di sole approcciammo l’allora
giovane dottore Arcelli in pieno rettangolo di giuoco dello stadio
“Franco Ossola” di Varese, naturalmente all’opera. Prima di
incontrarlo, Alberto mi aveva parlato assai bene di lui che, seppur
ancora giovane, nel mondo sportivo si era conquistata una fama
davvero invidiabile già a quel tempo.
Appese
le scarpe al chiodo, persi di vista Enrico Arcelli, non certamente i
suoi innumerevoli successi inanellati nel mondo dello sport, dal
Basket, al calcio, dal ciclismo allo sci, dal tennis all’atletica
leggera, ecc., ecc.. Personalmente ho ripreso ad incontrarlo di nuovo
quando ho iniziato ad interessarmi di medicina sportiva, partecipando
a convegni ed aggiornamenti soprattutto a Varese e Milano. Sarò a
casa sua, ai piedi del Sacro Monte di Varese, nell’anno 1997,
quando lo invitai a partecipare al Convegno di Medicina Sportiva da
me organizzato, dal titolo “Doping, Integratori e Tutela della
Salute nello Sport”. A lui parlai dell’importante lavoro di
ricerca che avevo portato avanti sui “Valori di Ematocrito nella
popolazione normale”, riguardanti 2000 soggetti non
ospedalizzati di sesso maschile e 300 soggetti di sesso femminile,
del bacino di utenza dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di
Varese. Alla mia richiesta di sua partecipazione al convegno, ricordo
di aver ricevuto immediata e incondizionata accettazione, cosicché
il prof. Arcelli si sarebbe unito ad una folta schiera di importanti
relatori, presentando la relazione “Alimentazione e integratori
nello sport”. Forte di contatti con rappresentanti di
importanti aziende multinazionali, legate alla produzione e
commercializzazione di diagnostici di laboratorio, ottenni la
sponsorizzazione dell’evento, tanto da procacciarmi la migliore in
assoluto delle location nella città di Varese, ovvero il Centro
Congressi di Ville Ponti, ricco di tre storiche ville immerse in un
parco secolare di 56.000 mq, ivi compreso 600 posti auto.
Per
la organizzazione di quell’evento, mi piace ricordare di aver preso
spunto dal Convegno realizzato a Ceglie Messapica, in occasione dei
festeggiamenti della 40esima Coppa messapica, il cui obiettivo
era stato quello di rilanciare il ciclismo in quella parte di Puglia.
Ricordo pure che il convegno cegliese vide le partecipazioni
straordinarie dell’allora presidente della F.c.i. (fed.ne
ciclistica italiana) Gian Carlo Ceruti e del grande campione di
ciclismo Francesco Moser, che proprio ad Ostuni, in occasione dei
mondiali di ciclismo del 1976 ottenne un meritatissimo secondo posto,
solo per un soffio battuto allo sprint da Freddy Maertens. Al titolo
di vice campione del mondo su strada e alla medaglia d’argento
conquistata a pochi chilometri dalla nostra Ceglie, Moser aggiunse
quella più prestigiosa del metallo più nobile, che gli valse tra
l’altro il titolo iridato di campione del mondo, conquistato sulla
nuova pista del velodromo di Monteroni (LE).
Tra
le tante affermazioni del campione trentino vorrei ricordare in
questa sede il record mondiale fatto registrare nel gennaio 1984 a
Città del Messico dove, grazie anche all’innovative ruote
lenticolari, a Moser riuscì di superare il muro dei 50 km orari (km
51,151), record resistito per ben 9 anni. Mi piace ricordare pure
che, oltre al ciclista italiano più vittorioso di sempre in Italia e
terzo nel mondo, che pure ho avuto l’onore di conoscere
personalmente, a costruire quel record vi fu anche il contributo
fondamentale dato da due eccezionali persone e due figure di
primissimo piano nel mondo dello sport e della preparazione sportiva
in particolare, che oggi non ci sono più e che ho avuto modo di
conoscere personalmente, già agli arbori dei loro successi personali
e di averne apprezzato gli aspetti umani, al di là delle loro
indiscutibili, grandi doti professionali, ovvero l’allora
preparatore atletico Aldo Sassi, mio compagno di squadra di atletica
dei primi anni 70 e il grande medico sportivo Prof. Enrico Arcelli.
Per la cronaca, ricordo che Aldo Sassi, divenuto autentico astro di
prima grandezza nel mondo del ciclismo, riuscì ad apportare grandi
innovazioni nel campo della preparazione, di cui seppero
avvantaggiarsi grandi campioni come Ivan Basso, Museeuw, l’ex
iridato Cadel Evans ed altri fra i migliori atleti del mondo. A parte
il suo grande valore da Tecnico, Aldo Sassi fu direttore del Centro
Mapei di Castellanza. La sua morte, causata da un male incurabile e
avvenuta assai prematuramente nel 2010, ha lasciato un grande vuoto
nel mondo del ciclismo e non solo in quello. Quando appresi la triste
notizia, mi precipitai per chiamare al telefono Arcelli, il quale
affranto ebbe a pronunciare le parole che io mi aspettavo
pronunciasse: <<Aldo per me è stato come un figlio>>.
Ricordo pure che, al tempo della militanza nello stesso team di
atletica leggera di Malnate alle porte di Varese, con me e il povero
Aldo c’era pure Roberto, fratello maggiore di Aldo, divenuto anche
lui un grande nel mondo del calcio internazionale, nelle vesti di
preparatore atletico (Varese, Lazio, Lecce, Avellino, Torino, Verona,
Salernitana, Fiorentina, Valencia, Atletico Madrid, Chelsea, Parma,
Sampdoria Dynamo Moscow. Dal 2011 Roberto Sassi è responsabile di
Training check alla Juventus – Cfr. Roberto Sassi -
Juventus.com).
Ci
vorrebbe una enciclopedia intera per parlare del prof. Enrico
Arcelli, tanto ci sarebbe da dire. In questa sede cercherò di
limitarmi a sottolinearne la sua grande umanità, seppur grande,
inarrivabile professionista (Medico sportivo, dietologo, preparatore
atletico, atleta egli stesso e scrittore) ogni qualvolta mi sono
rivolto a lui non ha mai ostentato e fatto sentire il peso della sua
grandezza, accogliendomi sempre con grande e ammirevole umiltà ed
umanità. Oggi sono orgoglioso di aver condiviso con l’illustre
prof. Arcelli ben tre progetti da me ideati, inerenti a tematiche che
direttamente o indirettamente hanno fatto emergere il nome della
città di Ceglie Messapica, oltre s’intende ai convegni di medicina
sportiva, in cui il medico milanese è stato relatore. A proposito
del Convegno di Medicina Sportiva “Doping, integratori e tutela
della salute nello sport”, da me organizzato a Varese nel
1998, Arcelli nell’introdurre la sua relazione ebbe così ad
esordire: <<Vito Elia è stato a casa mia in tempi non
sospetti>>. Volle con queste parole gratificarmi,
mettendo subito in chiaro una cosa e cioè che non avevo organizzato
quel convegno cavalcando la tigre (molti cominciavano a farlo a
fenomeno doping esploso), sottolineando la mia lungimiranza mostrata
nell’aver acceso i riflettori sulla questione doping in un momento
di apparente tranquillità, cogliendo semmai i primi sintomi di
accensione e deflagrazione del fenomeno, di cui noi tutti siamo stati
in appresso attoniti e spesso disgustati spettatori. All’epoca di
quel convegno infatti, il problema del doping nel ciclismo, ma non
solo in quello per la verità, aveva assunto già proporzioni
preoccupanti, ma non aveva ancora conosciuto il suo apice più
grande. Arcelli insomma volle far sapere a tutti i presenti che io
avevo iniziato a pensare all’organizzazione del convegno, prendendo
subito sul primo lievitare quel preoccupante fenomeno degli ultimi
anni del secolo scorso, che sarebbe stato caratterizzato da una
escalation sempre più impressionante, con scandali a ripetizione e
persino con casi di mortalità di non pochi atleti nel mondo,
compresa quella (anche se apparentemente diversa), ancora avvolta nel
mistero, del nostro grande Marco Pantani, che lasciò sgomenti la
nostra Italia e il mondo dello sport per intero.
Ricordo
con estremo piacere il completo successo del Convegno di Varese,
tanto più perché ispirato dall’altro convegno fatto a Ceglie,
andato ben oltre le più rosee aspettative, tanto che mai sin a quel
momento mi capitò di aver assistito a convegni di medicina sportiva
con così tanta appassionata partecipazione di gente, sportiva e non.
Uno dei miei obiettivi di quel convegno era stato quello di portare
il nome di Ceglie e della Coppa messapica al di fuori dei
confini regionali pugliesi, l’importante successo conseguito non
fece altro che attestare di aver centrato in pieno quell’obbiettivo.
Tralasciando
gli altri importanti relatori di quel convegno, desidero ancora una
volta soffermarmi su Enrico Arcelli. Ebbene, nei nostri colloqui
parlammo, come giusto che fosse, di sport e di sportivi, anche di
quelli nostrani, ricordo di aver sentito pronunciare dalla bocca di
Arcelli le seguenti frasi:<<Conosco bene il maratoneta
Giacomo Leone, ma è la città di Francavilla
Fontana che è oramai divenuta un pilastro dell’atletica
italiana>>. E poi parlando della nostra Ceglie, dell’olio
extravergine di Oliva delle nostre colline, da grande studioso di
alimentazione umana, così ebbe a pronunciarsi: <<Non si
finisce mai di scoprire le grandi virtù dell’olio extravergine>>.
Conosceva ed apprezzava molto il biscotto cegliese, perché non
mancai di farglielo assaggiare, così come pure l’olio
extravergine. Il prof. Arcelli nel corso dei nostri incontri mi
aveva dato alcuni consigli sull’alimentazione, di cui ho fatto
tesoro e che non voluto più dimenticare.
In
uno degli ultimi incontri, il professore milanese mi apparve un po’
turbato, confessandomi la sua preoccupazione verso il rischio di sua
morte prematura, causa un problema di ereditarietà genetica, che gli
aveva portato via suo papà ancora relativamente in giovane età.
Inoltre, tralasciando i suoi indiscutibili contributi al successo di
numerosi sportivi delle più svariate discipline, vorrei ricordare in
questa sede quanto di buono il prof. Enrico Arcelli ha lasciato in
riferimento al grande patrimonio letterario dedicato al mondo dello
sport e non solo a quello. Intendo sottolineare i suoi 23 Libri,
alcuni tradotti anche in russo e cinese, ma vorrei ricordare quello
in particolare che porta il titolo “Correre è bello”,
ancora oggi il libro sportivo più letto in Italia e il “Nuovo
correre è bello”, due libri cioè che, insieme a “La
maratona: alimenti e preparazione”, a “Voglio correre”
ogni sportivo, ma ogni famiglia dovrebbe gelosamente custodire in
casa, tante sono le informazioni dettagliate fornite per correre
consapevolmente, in coerenza con le proprie capacità e condizioni
fisico-anagrafiche, praticando sport agonistico, ma soprattutto
praticando quel correre quotidiano che OMS (Organizzazione mondiale
della sanità), ISS (Istituto Superiore della Sanità), “Dieta
mediterranea”, esperti del settore non finiscono mai di
consigliarci, per la prevenzione di numerose patologie, per il
raggiungimento e mantenimento di uno stato di salute psico-fisica
ottimale e perché no per l’allungamento della vita. Per tutto ciò,
non senza una buona dose di veniale, io spero, presunzione, a nome
mio personale e di tutti gli amanti del correre, sportivi e non della
mia amata terra di Puglia e in particolare della mia amata città
d’origine, che è Ceglie Messapica, più volte menzionata nei
nostri incontri, voglia Prof. Enrico Arcelli, l’uomo che cambiò
lo sport (come definito in Il Giornale.it del 1 luglio 2015)
accettare il nostro commosso e sentitissimo ringraziamento. Sono
certo che le nostre genti ed i figli che verranno continueranno a
fare tesoro dei suoi infiniti insegnamenti, senza tempo.
Riposi
in pace prof. Enrico Arcelli.
F.to
Vito Elia
Vito Elia
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