mercoledi' 23 novembre 2011
"Buongiorno Stefano, complimenti per il tuo blog.
Noto alcuni punti di contatto tra te ed il sig. Antonio Menga (stesso cognome e stessa città)
Mi ha personalmente colpito la sua storia e
avrei interesse a contattarlo per cercare di risolvere la sua situzione
personale di lavoro sempre che la fortuna ci aiuti...
Sai come poterlo contattare?
Ti ringrazio
Marco"
"E’ rimasto in “carreggiata”, ma su una bicicletta, su cui trasporta la sua vita. Lui è Antonio Menga, 49 anni, di professione cuoco. Originario di Ceglie Messapica, vive a Milano, per strada. Trent’anni passati nella cucina di un famoso ristorante milanese, poi, tre anni fa insieme alla crisi, per lui, arriva anche la notizia: “Qui non possiamo più tenerti”. Licenziato dalla sua cucina, e da una vita “normale”, Antonio, da allora dorme sotto i portici di San Babila (a Milano).
Il materasso se lo porta in giro arrotolato con un baule di vestiti e un fornello da camping sulla bicicletta. Una sorta di “casa-mobile” che gli è stata regalata da una signora. Continua a cucinare, ma per se stesso, con quello che riesce a racimolare durante il giorno. Antonio è un clochard (termine molto di moda ora), un senzatetto. Brutta parola barbone, ce ne sono di più corrette (magari per alleggerire qualche coscienza): senzacasa, senzadimora. Una storia, la sua, come tante, ma nello stesso tempo diversa, coraggiosa. “Facevo il cuoco, e anche ora continuo a preparare da solo i miei pasti. Voglio vivere tranquillo non vado al dormitorio o in stazione, lì c’è gente alcolizzata che non mi piace” dice.
Racconta la sua vita senza che nessuna lacrima scenda dai suoi occhi azzurro cielo. Dal suo sguardo traspare la dignità di un uomo che non cerca pietà né commiserazione.
Lui, che la vita se l’è dovuta reinventare, a chiedere l’elemosina alla mensa dei frati non ci sta. Si è separato dalla moglie dieci anni fa, e da allora non vede né l’ex coniuge né le sue due figlie.
Ci tiene a mostrare come la sua bici-casa sia perfettamente ordinata, perché quello è tutto ciò che ha. Non ha nient’altro".
articolo senzacolonne
Mi fà tristezza questa storia, ed auguro ad antonio tutto il bene possibile, e di trovar presto una lavoro ed una casa in cui vivere, mi chiedo solo una cosa, premetto che prima bisogna conoscere la storia di un a persona prima di giudicare, ma in trentanni di lavoro nemmeno due lire da parte..
RispondiElimina