VENERDI' 8 FEBBRAIO 2013
Ho ricevuto una copia-omaggio del libro della Dott. ssa Maria Carla Maggiore di cui pubblico la copertina e la prefazione.
Chi ha modo di interessarsi della storia della scuola italiana dall’Unità al primo Novecento può agevolmente convenire come vi sia un intreccio tra una volontà politica di dare uniformità nel giovane Regno e come invece variano le vicende delle diverse scuole, soprattutto di quelle elementari, affidate alla provvidenza dei comuni per ciò che riguarda non solo la manutenzione dell’edificio, ma scelta dagli insegnanti e la stessa presenza della scuola. Solo con la Riforma Gentile del 1923 si può parlare di una sostanziale unitaria delle scuole italiane, anche perché il regime da poco al potere avrebbe sviluppato una politica molto attenta all’educazione nazionale.
Ora, Maria Carla Maggiore, che si è già illustrata per altri studi
sulle scuole della sua terra, tratteggia, collocandola all’interno del più
complesso contesto politico istituzionale, le vicende dell’istruzione primaria
a Ceglie Messapica cenni alla scuola dell’infanzia.
La Maggiore spiega assai bene, con puntuale riferimento alle fonti
d’archivio, come già nel 1823 in quel Comune di terra d’Otranto si volesse una
scuola per levatrici, ben consapevoli dell’importanza e la delicatezza di
professioniste che sapessero sopperire all’assenza di medici. Ad una scuola
vera e propria si pensò negli anni ’50 dell’ottocento, prima dell’Unità,
volendola affidare ai sacerdoti, non solo perché erano tra i pochi e a leggere
e a scrivere, ma anche considerati garanti della pubblica moralità, come si
richiedeva a chi professava il compito di educatore.
Iniziava così, lentamente, la storia della scuola elementare di Ceglie
con amministrazioni comunali mai troppo attente a largizioni, con problemi
connessi, secondo costumi del tempo, alla presenza di classi miste e alla
scelta degli insegnanti. Non è una semplice cronaca di un’istituzione, bensì la
ricostruzione di un modo di pensare e di operare che prende corpo anche e
soprattutto grazie alla presenza di una documentazione che l’autrice ha saputo
leggere accuratamente. Così riprendono vita non solo testi e metodi, ma anche i
vecchi maestri, alcuni dei quali mai dimenticati dagli abitanti della
cittadina, pur se talvolta trasfigurati, come avviene nei ricordi e nei
racconti.
Cronache di scuola da cui si possono ricostruire appieno le
preoccupazioni degli insegnanti, la presenza e l’assenza delle famiglie, le
sollecitazioni dei governanti, le carenze legate alla difficile reperibilità
dei testi. Un piccolo mondo antico di cui restano, sparse tracce; un mondo che
ancora si stupiva di fronte a rappresentazioni di marionette mentre il regime
fascista sapeva bene padroneggiare la forza dei media. Un presente, insomma,
dove talvolta convivevano i retaggi del passato e le attese del futuro. Così il
maestro elementare avrebbe dovuto “edificare” il suo insegnamento morale sul proprio carisma, come sul carisma
sembrava poggiarsi il consenso di chi faceva riemergere, tra le ostinalità
delle grandi democrazie, l’antico impero.
Ma di là dalle seduzioni dei tempi, ciò maggiormente si manifesta,
nell’analisi della Maggiore, è l’operare degli insegnanti. Il cComune
all’inizio doveva proprendere per personale non di Ceglie, nell’attesa che vi
fossero insegnanti del luogo. Ed erano non sempre insegnanti adeguatamente
pagati che dovevano sopperire ai diversi bisogni, mentre la città cresceva sia
di anime che di pretese. Talvolta apparivano, come nel caso di Giuseppe Elia,
forti contrapposizioni in cui si intrecciavano ostilità personali e politiche.
Ancora una volta la storia delle scuole e dei suoi operatori si fondeva con la
dinamica sociale di una città che nel 1901 era illuminata da 144 fanali e da tre
lanternini.
Sotto tale profilo, la costruzione dell’edificio della scuola
elementare diventava la testimonianza della civiltà e del progresso e la
narrazione dell’edificazione dello stesso, non priva di difficoltà, si
manifestava, all’interno dell’Italia fascista, come una conferma della validità
del regime. L’occupazione dell’edificio, da parte dei tedeschi tra il ’42 e il
’43 arrecò non pochi danni a cui mise riparo con qualche difficoltà.
Un discorso a parte meriterebbe l’educazione infantile in cui hanno
avuto un ruolo importante le religiose.
In realtà, il volume di Maria Carla Maggiore oltre ad essere una
puntuale ricostruzione delle vicende della scuola cegliese solleva non pochi
problemi, offrendo con discrezione degli squarci di vita quotidiana che sono
ormai pagine di storia. Il lettore non ha di fronte a sé, pur nella diligenza
delle indicazioni, meri elenchi di nomi, di interventi, ma sente in qualche
modo palpitare la vita di anni lontani con echi che vengono dal contesto
generale in cui Ceglie è inserita. Ci si trova di fronte ad un’ illustrazione
che da un lato riporta alla luce pagine e personaggi della storia locale,
dall’altro induce a riflettere sullo stesso processo di civilizzazione in cui
si incastonano gli avvenimenti cegliesi. Una narrazione, per di più, scritta
con chiarezza e piacevolezza, senza cedimenti alla retorica, che merita di
essere pienamente apprezzata.
HERVE’ A. CAVALLERA
"EDIZIONI DEL GRIFO HELIOS"
"EDIZIONI DEL GRIFO HELIOS"
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