Venerdì 10 marzo 2017
Per tutta la vita
Anna avrebbe conservata l'immagine del giovane che la fissava con occhi
allucinati, che parevano rivelare l'interno stupore, mentre si stringeva il
petto con le mani scivolando al suolo e avrebbe risentito lo scoppio sordo e
ritmico della esplosione dei colpi di pistola; solo per gli altri, il suo gesto
veniva considerato un delitto, perchè pur confessando di avere sparato sentiva
esaltare in lei, in un connubio di istinto e ragione, il sentimento della
propria innocenza e affidava la sua sorte futura al filo sottile del diritto al
quale era appesa la sua vita, la soluzione del problema della sua esistenza e
la rinascita dalle rovine fisiche e morali nelle quali era sprofondata e che
lei stessa si era preparate, confondendo insieme i limiti del lecito e
dell'illecito, del morale e dell'immorale, dell'utile e del dannoso, come se il
delitto facesse parte del suo destino sociale e nei suoi cromosomi fosse
segnata l'impronta del delitto, che la coscienza civile non era riuscita a
cancellare.
Andrea si trovò
di fronte Anna guardandola con occhi sgranati e increduli mentre allungava il
braccio armato contro di sè facendogli avvertire contemporaneamente i colpi di
pistola e un diffuso doloroso bruciore al corpo seguito dall'afflosciamento
delle gambe che determinò la sua caduta per terra mentre ancora percepiva altri
colpi e altro bruciore, perchè tutti i colpi esplosi, anche dopo che era a
terra, andarono a segno.
Anna si era
concessa ad Andrea semplicemente perchè aveva dato credito alla professione di
amore di Andrea che la avvolgeva con uno sguardo ansioso, e aveva sciolto le
sue titubanze con il proposito di ottenere conferme alla propria storia d'amore
e alla propria passione vitale e creativa, con piena e generosa partecipazione
al rito della congiunzione, lasciandosi intimamente prendere e abbandonandosi
completamente a lui che stringendola l'attirava a sé, mentre continuava a
fissare il volto bello e convinto di sé.
Prima di essere
ucciso, l'ultimo giorno della sua vita, Andrea non ebbe nessun presagio della
imminente fine, anche se dopo il raggiungimento del suo intento di possesso
della donna il suo desiderio di amore calò per la sua tendenza all'incostanza e
alla preoccupazione di perdere la sua libertà per le emozioni e le vitalità che
poteva offrirgli, raffreddando in lui ogni passione; e respinse la richiesta di
matrimonio di Anna, negando persino di averla mai conosciuta.
Nessuno, per
eccesso di prudenza e rassegnazione, ritenendosi impotente ad agire contro
avverse e misteriose forze irresistibili, compì un tentativo di rimedio, un
atto di generosità per un giovane, vittima predestinata, che scontò con la sua
vita la sua esuberanza e per una giovane disperata per la sua perdizione,
continuando a portare nel cuore il rimorso di due vite che non avevano avuto il
coraggio di difendere.
Molti sapevano
che Andrea stava per essere ucciso da Anna; nessuno si domandò se Andrea fosse
stato avvisato che Anna lo cercava; neppure alla madre fu riferito che stavano
per uccidere il figlio e non dimenticò mai l'orrore provato quando glielo
comunicarono.
La notizia del
delitto si diffuse rapidamente e fu accolta quasi come un sollievo, come se il
fatto fosse già capitato, dalle coscienze sopite della gente; tutti potevano
ritenersi colpevoli: ciascuno di quelli che avevano avuto un ruolo nella
vicenda, che temevano di essere convocati dalle autorità inquirenti, o avevano
presagito l'epilogo della vicenda, avvertì un sentimento di frustrazione.
Dopo la
condanna la sua mente si perdeva nei ragionamenti interiori che non riusciva ad
esprimere compiutamente nemmeno a sé stessa, anche se dominante era il valore
ideale che era stato dovere verso sé stessa non subire la tragedia dell'egoismo
che si fa menzogna, non abdicare alla affermazione del proprio diritto
all'esistenza e alla conservazione morale della sua persona, perchè sopportare
una ingiustizia avrebbe finito con il giustificarla.
Quando fu
liberata, espiata la pena che aveva oscurato in lei la luce dello spirito, Anna
era appena trentenne: l'esperienza della sua storia era finita, e aveva il
sapore di una sconfitta con un tratto di unione in soluzione continua con
quella che era apparsa una vittoria.
Il
libro “Onore con pistola” è stato raccontato e letto, dopo l'introduzione
dell'Assessore del Comune di Ceglie Messapica, Avv. Mariangela Leporale e della
Presidente della Commissione Pari Opportunità, prof.ssa Gabriella Rodio, nel
corso dell'incontro con l'Autore, l'Avv. Augusto Conte, con il quale ha
dialogato il Prof. Pietro Maggiore, Presidente Unitre di Ceglie Messapica, che
ha indetto l'evento, impreziosito da letture del testo da parte del giovane
attore Mino Leone, tenutosi presso la Sala Convegni del Castello Ducale della
Città, nel tardo pomeriggio del 7 marzo 2017.
Nel
corso dell'incontro alla presenza di numeroso, coinvolto e appassionato
pubblico, è stata discussa la condizione della donna nei primi anni cinquanta
nei nostri paesi e la asimmetria del concetto di onore dell'uomo, protetto
dalle leggi, rispetto a quello della donna, affidato alla sua esclusiva tutela;
il libro ha offerto molteplici motivi di riflessioni, su sentimenti emotivi e
ragione, su arte e diritto, sulle condizioni della donna, sull'etica sociale
delle famiglie, sugli aspetti sostanziali e processuali connessi alla tutela
giuridica dell'onore.
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