LUNEDI' 1 LUGLIO 2013
GETTING TO KNOW FRANK PETRACHI
“Pronto, sono Franco Petrachi, ti
chiamo per farti i complimenti per gli articoli che scrivi e perché ti vorrei
parlare del mio progetto”.
Così è cominciata la mia amicizia
con Franco, dopo una lunga chiacchierata telefonica.
Voce decisa, timbro forte, grande
chiarezza espositiva. Ma soprattutto un entusiasmo così evidente che era
impossibile non accogliere la sua proposta di incontrarci.
Franco Petrachi è come il Salento,
come la terra che lui descrive.
Forte, come un albero d’ulivo dalle
radici ben piantate nel terreno.
Intenso, come il blu del mare che
circonda le nostre coste.
Infaticabile, come le tante braccia
che spostando pietra su pietra hanno modellato nel tempo le nostre campagne.
Visionario, come il nostro cielo
terso che porta il nostro sguardo a vagare continuamente lontano alla ricerche
di nuove mete.
Ma Franco è soprattutto una persona
innamorata. Innamorata e animata da una grande passione per il Salento.
Per un salentino, girovago per
professione in Italia e all’estero come me, ancor prima che mi illustrasse nei
dettagli il suo progetto, volevo che mi raccontasse cosa fosse per lui il
Salento; ero curioso di conoscere da dove nascesse questa sorta di sacro fuoco
che lo anima.
E’ stato come fargli un assist a
porta vuota. Gli occhi gli sono brillati di gioia, e come un fiume in piena ha
iniziato a raccontarmi della sua infanzia, dei suoi primi incontri che hanno
segnato ed indirizzato la sua vita.
Franco Petrachi nasce ad Alezio nel
giorno dell’Immacolata del 1954, e come tanti ragazzi della sua età trascorre
il tempo scorazzando per i paesi limitrofi al suo paese natio. Gallipoli con il
suo bellissimo mare, le campagne in direzione di Sannicola con le suggestive
ville nobiliari, Tuglie con il verde della sua collina, Montegrappa. Un’adolescenza
tra sentieri di campagna da percorrere con la bicicletta, masserie dalle
numerose stanze abbandonate da esplorare, muretti a secco da saltare.
“All’epoca di cui ti racconto” –
aggiunge Franco – “ il concetto di Salento non era così diffuso come lo è oggi
giorno. Era patrimonio solo di pochi, per lo più studiosi ed intellettuali. Del
Salento, delle origini della nostra terra e della nostra gente non se ne parlava a scuola”.
C’è un episodio che lo ha
particolarmente segnato sin da piccolo. Un evento che racconta come se si fosse
svolto ieri e non quando lui aveva l’età di sei anni. Le sue parole sono così
vive che, se si chiude gli occhi mentre racconta questo episodio, sembra di
essere lì accanto a lui, affacciato dalla finestra di casa a guardare quello
che accadeva oltre cinquant’anni fa.
“Di fronte casa mia, in Via
Coppola, da qualche giorno erano iniziati i lavori per la costruzione di alcuni
bagni pubblici” – racconta Franco – “e a me piaceva affacciarmi dalla finestra
di casa e seguire quello che accadeva”.
“Come tutti i ragazzini rimanevo
affascinato dai mezzi meccanici e passavo lungo tempo ad osservarli. Vedevo la
gente affaccendarsi intorno agli scavi e lavorare duramente per vincere la
resistenza della dura roccia. Così dura che” – ricorda Franco – “avevano deciso
di utilizzare delle mine per non andare a rilento con i lavori”.
“Ma un giorno accadde qualcosa di
imprevisto. D’un tratto vidi arrivare polizia, carabinieri, le autorità locali.
La prima cosa che pensai fu che fosse successo qualcosa, un incidente. Poi d’un
tratto mi incominciarono a giungere voci del ritrovamento di tombe, scheletri e
anfore”.
“Corsi così da mia madre, pieno di
entusiasmo per quello che stava accadendo” – mi dice con un sorriso così
genuino che sembra quasi tornare bambino mentre prosegue nel racconto. “Mamma
ma che sta succedendo? Hanno trovato tombe, scheletri … qui di fronte casa
nostra!”.
In questo modo, del tutto
inaspettato, Franco racconta il suo primo incontro con la millenaria storia del
Salento. Le tombe appartenevano ad un’antica necropoli messapica dell’antica
Alytia.
Non faccio fatica ad immaginare la
curiosità di Franco, allora bambino, per quella scoperta. Una sete di sapere
che con il tempo non dimenticò, come in tanti hanno fatto e continuano a fare, ma che mantenne viva
sino all’età dell’adolescenza quando iniziò a documentarsi leggendo libri sulla
storia dei nostri antichi progenitori.
Bernardo, maestro dell’abbazia di
Chartes, nel medioevo scrisse che “i moderni sono come dei nani montati sulle
spalle di giganti”. Franco si fece interprete di questo grande insegnamento e
iniziò a studiare e a leggere dei “pilastri” che reggono la nostra storia. Apprende
della Messapia, terra tra due mari, del Salento, dei flussi migratori e
commerciali dei Greci, degli operosi monaci basiliani, e tanto altro. Con
queste nuove scoperte Franco inizia a comprendere la grande potenzialità, sino
ad allora celata e non valorizzata, della nostra terra.
Ma Franco non è solo uno studioso
delle radici del Salento, è soprattutto un grande comunicatore. Sfoglio il
materiale che ha portato con se e la sua storia mi incuriosisce sempre più ogni
minuto che passo con lui. Gli chiedo di raccontarmi di quando è nata in lui la
passione per la stampa, la pubblicità e la comunicazione. Franco non è tipo da
farsi pregare e si lascia andare ai ricordi.
“Da ragazzino, appena finita la
scuola, i miei genitori per non lasciarmi a zonzo tutto il giorno, mi avevano
trovato un impiego. Solo che mentre i miei amici venivano mandati nelle botteghe
dei barbieri, calzolai, e quant’altro, io ebbi la fortuna di esser mandato ad
aiutare un parente di mia madre, Domenico De Santis, un pittore. Aveva fatto la
guerra d’Africa, fumava la pipa, in breve, aveva un comportamento e una
personalità che non poteva non affascinarmi. I suoi temi pittorici erano
soprattutto paesaggi africani, e nell’osservare quei colori caldi di terre
lontane la mia immaginazione si imbeveva come una spugna”.
“Per me la comunicazione è un arte”
– mi dice Franco – “ e avere l’opportunità di stare vicino al De Santis ha
fatto sì che ricevessi una sorta di nuovo battessimo”.
Nulla accade per caso. E gli altri
episodi che Franco mi racconta avvalorano la mia tesi.
Sempre ragazzino, all’età di 12
anni ebbe il suo secondo incontro rivelatore. Mentre camminava per le stradine
della sua Alezio uno strano macchinario
cattura la sua curiosità. Era un tagliacarte a ruota, posto quasi
sull’uscio di un locale adibito a tipografia.
Il proprietario nota la curiosità
del ragazzino e gli chiede di dargli una mano. Doveva girare la ruota che
azionava il macchinario. Lo sguardo di Franco di oggi fa percepire la
contentezza di allora. Inizia così a frequentare quel laboratorio e a ricevere
anche una piccola paghetta.
Finché un bel giorno non avvenne l’incontro
con la stampa, quella più nobile, quella dei giornali. Mentre era impegnato a
svolgere i suoi lavoretti all’interno del laboratorio, arrivò un gruppo di
giovani di Alezio con un gran fascio di carta sottobraccio.
Di quel gruppo faceva parte un
giovane Tonino Maglio, che diventerà il fondatore del Quotidiano di Lecce, e Fernando
D’Aprile, che intraprenderà la carriera di giornalista e che è attualmente
editore di Piazza Salento.
Erano lì, con i loro amici, per far
stampare un quindicinale dal titolo “Diciottesimo Meridiano”.
“Puoi ben immaginare” – mi dice
Franco – “la curiosità e l’emozione con cui iniziai a seguire quel lavoro. Ero
talmente appassionato che mi prestavo anche a vendere le copie andando in giro
per le ville delle famiglie più benestanti di Alezio”.
La carriera scolastica di Franco si
interrompe all’età di 16 anni a causa di un incidente che lo costringe ad
abbandonare la scuola. Torna così a lavorare in tipografia, ma ci resterà
ancora per poco, perché all’età di 17 anni riceve l’offerta di andare a
lavorare in una serigrafia per il doppio della paga che allora prendeva.
Da come lo racconta capisco che
questo è stato forse l’evento che lo ha definitivamente instradato verso il
mondo della pubblicità e della comunicazione. Infatti, nei ritagli di tempo
inizia a creare dei propri lavori.
“Facevo dei lavori per me, per i
miei amici” – racconta Franco – “e all’epoca conoscevo già, anche se giovane, i
Costa di Casarano. Con il vespone andavo in giro a propormi, a mostrare e
vendere i miei lavori”.
Dopo il militare torna ad Alezio e
fonda nel 1977 la Franko Pubblicità, con sede in un locale sotto casa di sua
madre.
Ad entrambe viene da ridere
perché ci tornano in mente le storie di
grandi personaggi, come Steve Jobs, che iniziarono proprio in locali di
fortuna.
“Solo che a differenza di Steve
Jobs” – aggiunge ridendo – “il mio non era un angusto sottoscala ma un ampio
locale. Mio padre mi costruì il tavolo da disegno sul quale lavorare. Un
bellissimo tavolo che continuai ad utilizzare anche quando mi potei permettere
di acquistarne uno professionale. Ma quello fatto da mio padre era un’altra
cosa. Impareggiabile!”.
Sono un consulente aziendale per
cui sono curioso di sapere come si proponeva sul mercato e quale strategia
avesse adottato in quegli anni per acquisire nuovi clienti.
“Il mio approccio era ben diverso
rispetto alle allora più blasonate agenzie di Lecce o di Bari, che pensavano
prima ad intascare e poi alle necessità del cliente” – risponde Franco. “Sin da
subito avevo iniziato a viaggiare seguendo le fiere più importanti del mio
settore, sia all’Italia che all’Estero. Per cui mi ero reso conto che la
maggior parte delle aziende del Salento non si presentava con un’immagine
chiara ed un marchio forte”.
“Allora sai cosa facevo?” – mi dice
Franco – “cercavo sulle Pagine Gialle o tra le inserzioni dei giornali le
aziende che avevano un basso impatto comunicativo e promozionale. Preparavo un
bozzetto del nuovo brand e mi presentavo da loro proponendo di lavorare per
loro. Se piaceva, bene, si proseguiva. Altrimenti ci si salutava e ognuno per
la sua strada. Il mio obiettivo era innanzitutto quello di dare valore ai miei
clienti. Se loro erano contenti, ovviamente avrebbero fatto in modo che lo
fossi anch’io”.
Franco prosegue raccontandomi che
quegli furono gli anni in cui ebbe un’incedibile crescita professionale, tanto
da guadagnare l’appellativo di “Re della Pubblicità”.
Con grande simpatia mi racconta di
quegli anni, quando doveva contrattare con i fotografi che lo accompagnavano
nelle sue visita ai clienti affinché si pagassero non a scatto ma con un
forfait giornaliero. “Altrimenti i depliant mi costavano solo di foto più di
quanto riuscivo a ricavare dal mio onorario professionale” - aggiunge Franco sorridendo.
“Una volta, era verso dicembre, in
inverno” – mi racconta – “fui chiamato da un imprenditore per realizzare tutta
la campagna di comunicazione di un camping che avrebbe aperto i battenti
l’estate successiva. Quando arrivai lì, trovammo i bungalow già costruiti ma
non c’era traccia di pineta, o meglio gli alberi erano stati piantati da poco.
Mi rivolsi allora al proprietario chiedendogli perplesso come si potesse
pubblicizzare un camping senza alberi. Questi mi rispose di non preoccuparmi,
lui era proprietario anche di una pineta ma si trovava da un’altra parte. Per
farla breve dovetti procedere ad effettuare un fotomontaggio e, ti posso
assicurare, i fotomontaggi di allora non erano così veloci e facili come è
possibile farli oggi con i software attualmente a disposizione”.
Franco ci pensa un po’ su, poi
aggiunge – “Fu un azzardo per entrambi, per il proprietario e per me. Ma devo
dire che oggi a distanza di circa 30 anni quel camping, Camping Santa Maria di
Leuca, è diventato una delle strutture più rinomate del Salento e, per quanto
mi riguarda, ancora oggi si vedono in giro per la provincia lungo le strade i
tabelloni con la pubblicità da me realizzata. Fu un gran successo!”.
Mi racconta poi del suo anno d’oro,
il 1996, quando venne coinvolto da Cosimo Romano, il fondatore della Romano
Jeans e della Meltin Pot, nel curare l’organizzazione e la campagna di
comunicazione della puntata di “Giochi senza Frontiere” nella quale avrebbe
partecipato una squadra in rappresentanza della città di Gallipoli. Nello
stesso anno, sempre grazie a Cosimo Romano, viene chiamato a dirigere la
promozione e comunicazione di un altro grande evento , la tappa italiana del
Campionato Mondiale di Off Shore che si tenne a Gallipoli. Un’esperienza
fantastica che lo mette in contatto con i grandi nomi dello sport e,
soprattutto, con le scuderie possedute da famiglie arabe.
I suoi lavori sono legati anche ad
importanti nomi dell’imprenditoria nazionale e internazionale come Euronix,
Expert, TIM, Wind, Vodafone.
I tempi cambiano e Franco non resta
fermo. Entra in contatto con il mondo del cinema. Il suo primo contatto è
sempre grazie a Cosimo Romano, che si rivela essere sempre più il suo mentore.
“Un giorno” – mi racconta – “ricevo una sua telefonata con la quale mi chiede di
raggiungerlo quanto più velocemente possibile in sede. Mi misi subito in
macchina con un po’ di apprensione, non sapendo cosa avesse di così urgente da
dirmi”.
“Quando lo raggiusi, lo trovai ad
attendermi in compagnia di un signore che non conoscevo. Per farla breve era un
famoso sceneggiatore, Massimo Corevi, che doveva girare un film dedicato a
Gallipoli dal titolo “La Perla dello Jonio. Cosimo Romano si rivolge al Corevi
dicendogli - “Per qualsiasi necessità fai affidamento a Franco” – e così
avvenne il mio primo contatto con il mondo del cinema italiano. Trovammo anche
una piccola parte per mio figlio”.
Da lì in poi non sono mancate altre
occasioni, anche come attore in alcune tra le più importanti produzioni
italiane come “ll Giudice Mastrangelo 2” con Diego Abbatantuono, “Manuale
d’amore 2” con Verdone, Scamarcio e la bellissima Bellucci, e “Nassiria” con
Raul Bova.
Devo essere sincero. Ascoltare la
vita di Franco Petrachi è come scorrere la sceneggiatura di un film, ricca di
momenti divertenti ma anche di grande passione e intensità. A quel punto non mi
restava che chiedergli di raccontarmi il suo progetto, “The Best Salento’s
Factories and Professionals”. Una grande opera che racconta la storia delle
eccellenze del Salento. Era soprattutto curioso di sapere come fosse nato
questo progetto.
“E’ un progetto che deve la sua
nascita ad un incredibile incontro che feci nel lontano 1977” – mi risponde con
fare sornione. Capisco subito che sta per raccontarmi un’altra delle sue coinvolgenti
storie e mi metto comodo pronto ad ascoltarlo.
“Era da circa due anni che avevo
aperto la Franko Pubblicità, ritenevo di aver raggiunto un buon livello
professionale nei miei lavori , e così decisi di andare a Gallipoli a fare
visita ai grandi hotel della costa sud gallipolina”.
“Mi presentai al primo, il Costa
Brada, ma fui liquidato velocemente con un – “noi ci rivolgiamo ad agenzie
pubblicitarie di Roma”, contenti voi pensai e
così mi ripresi il mio materiale e mi diressi verso il vicino hotel Le Sirenuse.
Chiesi di parlare con il titolare e fui raggiunto da un signore sulla
cinquantina ben vestito che mi disse subito di non essere interessato senza
neanche darmi il tempo di fargli vedere il mio progetto, così come era accaduto
nel precedente hotel. Mi stavo avviando un po’ abbattuto verso l’uscita quando
sento una voce chiedermi – “Ehi tu giovanotto, cosa stai facendo qui?”. Mi
voltai e vidi un signore anziano sulle scale che faceva dei cenni verso di me.
Pensai che fosse qualche ospite curioso, ma non volli lasciarlo lì senza
risposta così mi avvicinai raccontandogli che aveva chiesto del proprietario
per offrire una mia collaborazione ma,
ahimè, la richiesta era stata vana”.
Nel proseguire la faccia di Franco
si illumina di orgoglio. “Quel signore anziano ben vestito nel sentire la mia
storia sbotta con un – “Il proprietario? Qui sono io il proprietario. Seguimi
nel mio studio”. Era Attilio Caroli. Fu un incontro che ha lasciato in me un
segno indelebile. Neanche il tempo di accomodarci che Caroli iniziò subito a
raccontarmi la sua storia di lui giovane che vendeva i fichi del forno del
padre. In me, mi disse, vedeva lui da giovane”.
La storia di Caroli, iniziata con
la vendita dei fichi per le botteghe del Salento, prosegue sino all’acquisto di
un terreno a Santa Maria di Leuca, dove costruì il suo primo albergo, poi il
secondo a Gallipoli, Le Sirenuse, e via così tanti altri successi.
“Pensai subito” – prosegue – “che
una storia come questa non poteva non essere raccontata. La storia di un uomo
venuto su con l’ausilio delle sole proprie forze. Una testimonianza di grande
acume, capacità e perseveranza. Quell’incontro costituì il seme del mio futuro
impegno nel raccogliere e raccontare le eccellenze del Salento. Ero sicuro che,
come lui, il Salento fosse pieno di personaggi che avevano dimostrato una
grande capacità imprenditoriale. Storie meritevoli di essere celebrate e
portate come esempio”.
Gli chiedo di raccontarmi la storia
di qualche altro personaggio inserito nella sua opera.
“La storia di Filograna, fondatore
della Filanto, è nota. Ma così anche lo stesso Cosimo Romano, persona a cui
devo molto, iniziò dapprima nel lavaggio di automobili, poi si diede al settore
dell’arredamento, fondando la FAS Fabbrica Arredamento Scolastico, sino al suo
incontro con un rappresentante del settore tessile a Milano con cui iniziò a
collaborare eseguendo piccole commesse, e che portò col tempo alla creazione
della Romano Jeans e poi della Meltin Pot”.
Gli chiedo come, dal suo
osservatorio privilegiato di esperto nel settore della pubblicità e della
comunicazione, ha visto cambiare il Salento nel corso di questi decenni.
“Il Salento ha fatto passi da
gigante, diventando una delle mete preferite di vacanza a livello mondiale.
Molto è stato fatto ma molto ancora resta da fare. La tutela delle bellezze del
nostro territorio è ancora molto precaria. L’attenzione verso il turista è
altalenante e i servizi possono e devono migliorare ancora. La cosa che più mi
sconcerta è il ruolo che giocano i diversi Enti e le Istituzioni che sembrano
non accorgersi di gestire una miniera d’oro d’incredibile potenziale”.
Gli chiedo allora come ha visto
cambiare la classe imprenditoriale salentina. Se gli imprenditori di oggi sono
all’altezza dei grandi esempi del passato.
Qui Franco esita per la prima volta
nel darmi una risposta. Una smorfia di amarezza gli attraversa il volto.
“Ho visto molti imprenditori di
successo, nel tempo, crescere e diventare sempre più grandi ed importanti.
Purtroppo ho visto anche molti imprenditori incapaci di seguire l’evoluzione
del contesto economico rimanendo attaccati all’antica e fallimentare concezione
della figura del titolare-padrone. Ciò
che era stato motivo del loro successo è diventato causa del loro fallimento.
Non hanno saputo gestire la maggiore complessità del mercato, non si sono
aperti all’apporto di figure manageriali esterne, e alla fine hanno dovuto
chiudere”.
Non posso che essere d’accordo con
quello che descrive. Lo faccio allora ritornare alla sua opera e così ricompare
l’allegria nella sua espressione.
“Per me quest’opera è come un
figlio, il mio terzo figlio” – prosegue – “ho realizzato ben 300 interviste
negli ultimi quattro anni e non vedo l’ora di mandarla in stampa. Dovunque ho
presentato il mio progetto ho raccolto adesioni entusiastiche e la cosa più
bella è che mi ha fatto conoscere tanta e tanta gente importante di origini
salentine della quale ignoravo l’esistenza.
Come Angelo Caroli che, originario
di Cisternino, dopo essere emigrato in America torna in Italia, a Milano, e
fonda nel tempo venti SPA, centri di salute e di bellezza, in giro per il
mondo. O Giovanni Costantino che, dopo un passato in Natuzzi, fonda con
Giuggiaro la Tecnomar, una bellissima azienda nel campo della nautica di lusso.
E come loro tanti altri”.
Gli chiedo qual è stato l’incontro
più particolare da lui vissuto.
“Non ci crederai” – mi dice – “ma
il primo maggio del 2010 ho ricevuto una mail di saluto dallo spazio. Era
dell’astronauta italiano Paolo Nespoli, salentino d’adozione con ben due
cittadinanze onorarie a Casarano prima e a Poggiardo poi, grazie a dei progetti
condotti da istituti scolastici locali con Gino Merico, metereologo e
professore universitario salentino. Infine ho avuto anche l’opportunità di
incontrarlo di persona. Un uomo splendido di grande umanità”.
Sfoglio le pagine del suo progetto
che ho davanti e vedo tante facce note, come Al Bano, Franco Simone, il regista
Edoardo Winspeare, ma anche tante facce di giovani come Alessandra Amoroso,
Emma Marrone e Antonio Maggio, il recente vincitore della sezione giovani del
Festival di Sanremo.
C’è un passaggio in particolare nei
suoi scritti che mi colpisce e che mi piace riportare integralmente: “Ecco perché, allora, “THE BEST SALENTO’S
FACTORIES AND PROFESSIONALS” è principalmente un invito a quanti oggi si
trovano in difficoltà a non lasciarsi abbattere e a confidare nelle proprie
capacità, perché la vita concede sempre, a tutti, un’opportunità in più; è un
invito ai nostri giovani a non scalfire attraverso il piccone delle prime
difficoltà sogni e progetti, ma a credere quotidianamente nelle proprie
capacità e nel proprio talento”.
Glielo leggo e Franco prosegue
dicendomi – “Ci credo molto in quest’opera. Per me è diventata come una
missione. Il Salento, le sue donne, i suoi uomini, del passato e del presente
hanno molto da dare a chi è pronto a lavorare duramente, anche in questo
momento di profonda crisi che stiamo vivendo. Quest’opera è rivolta a tutti, ma
soprattutto ai giovani che hanno bisogno di modelli positivi da emulare. Non
occorre andare molto lontano correndo dietro la vita dei grandi industriali e
magnati d’oltre oceano. Anche la nostra terra è ricca di tanti che ce l’hanno
fatta, che non si sono lasciati
abbattere, che non hanno tirato i remi in barca al primo accenno di mare
grosso. Abbiamo le potenzialità per farcela e ce la possiamo fare”.
Ad Majora Franco!
....un grande personaggio...andai a Gallipoli per conoscerlo!!
RispondiEliminaGrazie Stefano Menga, grazie Giovanna Pisi, come si puo' vedere da queste poghe righe a cura di Massimo Negro, che ringrazio di cuore per la sua capacita' professionale di essere stato in grado in poco tempo di scavare nella mia anima. . .ed estrarre parte del mio vissuto, sopratutto nella terra madre del nostro splendido Salento. Un frankissimo abbraccio e . . . .Ad majora semper! !!
RispondiEliminaFrank...energia pura!!
RispondiEliminaGrazieeee ragazzi...twn Stifani The Best!
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