Giovedì 14 Maggio 2015
Prima di copertina
"Ho avuto modo di rilevare che il nostro dialetto, che
sostanzialmente è quello di Ceglie Messapica con alcune irrilevanti differenze
dovute ad innesti linguistici del dialetto salentino di Grottaglie e
Francavilla Fontana, sta pian piano subendo considerevoli modificazioni nella
sua struttura grafica e nella fonetica, a causa della contaminazione ad opera
della sempre più preponderante lingua italiana, correndo così il rischio di
avviarsi verso una lenta ma inesorabile
estinzione.
C’è da registrare, a questo proposito, che negli
ultimi decenni in quasi tutte le famiglie del paese si è consolidata una sorta
di ingiustificato snobismo nei confronti del nostro dialetto, che ha indotto
tanti a privilegiare l’uso tanto rigoroso(nelle intenzioni), quanto spesso
indiscriminato e sgrammaticato (negli effetti), della lingua italiana nel
linguaggio parlato quotidiano, quasi ci si vergognasse di pronunciare termini
dialettali o espressioni in vernacolo. Cosicché, chi parlava il dialetto,
nell’immaginario collettivo veniva istintivamente collocato in una dimensione
socialmente subordinata e culturalmente arretrata.
Un fenomeno questo che è stato riscontrato in
moltissime realtà paesane dell’Italia, e del Meridione in maniera ancora più
accentuata. Infatti, a causa della quasi totale alfabetizzazione che ha
interessato tutti i ceti della società italiana nell’ultimo cinquantennio, e
sotto il potente influsso esercitato dagli strumenti mediatici( televisione,
radio, internet, etc.), in tutte le case degli italiani prevale oramai sempre
più il linguaggio universale della lingua nazionale, con frequenti innesti
anche di qualche espressione straniera( inglese in particolare).
E così, mi capita spesso di ascoltare dalla bocca, non
solo dei più giovani, ma anche dei miei coetanei, quando si cimentano a parlare il vernacolo,
termini dialettali “impuri” che altro non sono che parole della lingua italiana
“dialettizzate”, quali ad esempio:
“ ’rrabbiǟtə “ anziché “ jacitǟtə”, o “coprí”
al posto di “’bbuggiucä’”, o “colaziónə” invece che “ ‘ncignatórə”,
oppure “pòrtəmə la matítə” anziché “ ‘nnùŝcəmə lu laps”, o “teštàrdə”
al posto di “ncapunítə”.
Cosicché, stiamo assistendo impotenti a questa
metamorfosi linguistica, sorbendoci termini che contengono ben poco del
dialetto e che assomigliano più all’italiano che al vernacolo locale.
E di fronte a questa tendenza ormai diffusamente
conclamata dalla società moderna ed al rischio reale di “sopraffazione” ad
opera della lingua nazionale sul nostro idioma, ho sentito l’impellente
necessità di adoperarmi, nei limiti delle mie modeste conoscenze glottologiche,
per scongiurare il pericolo che il nostro patrimonio linguistico locale sia
condannato al sempre più incalzante disuso, sino magari alla sua scomparsa. E,
per queste valutazioni, ho considerato
doveroso e irrinunciabile impegnarmi nella raccolta di tutti i termini della
nostra lingua locale, per poi codificarli e decifrarli ed offrirli alla
conoscenza delle nuove generazioni: in una sola parola, “salvare” il
dialetto dall’estinzione e dall’oblìo!
Così, mi sono messo all’opera, ripensando all’inizio
individualmente alle centinaia di termini dialettali che conosco ed uso
quotidianamente, continuando poi a ricercare in giro, attraverso i contatti con
famigliari, amici, colleghi, ed anziani in particolare, le tante altre parole
ed espressioni paesane che mi sfuggivano o che non conoscevo.
Sono riuscito così ad elaborare questo vero e proprio
vocabolario dei termini dialettali di Villa Castelli, corredato anche di
numerose fotografie in formato “francobollo”, che offro ai miei concittadini
con la speranza che questo “serbatoio”
costituisca per il futuro un utile strumento di consultazione per tutti
ed un punto di riferimento culturale per le generazioni che verranno.
Sono certo che attraverso
questa raccolta, che contempla l’elencazione rigorosa dei termini dialettali
originali(non contaminati, o quasi, dalla
lingua italiana moderna), oltre alla derivazione etimologica, il significato letterale ed alcuni utili riferimenti esemplificativi,
potremo garantire la sopravvivenza di questo grande patrimonio che è il nostro
dialetto, anzi la nostra lingua, e
conservarne integra la purezza.
Sarà possibile nel contempo
farlo convivere con la terminologia e le espressioni della lingua nazionale e
delle lingue estere, nel rispetto però
delle reciproche peculiarità e con le dovute marcate distinzioni" .
Angelo Giuseppe Chirulli dall'introduzione.
L'autore Angelo Giuseppe Chirulli
Angelo Giuseppe CHIRULLI
nasce a Villa Castelli il 5 Maggio del 1955 in una famiglia di artigiani.
Dopo aver conseguito la
maturità classica presso il Liceo Classico “V.Lilla
” di Francavilla Fontana, compie i suoi studi universitari presso la facoltà
di Giurisprudenza di Bari.
Dopo varie esperienze
lavorative, nel 1988 approda al Comune di Villa Castelli, dove svolge per 19
anni le mansioni di operatore amministrativo presso l’Ufficio Tecnico.
Dal 2007 ricopre il
ruolo di responsabile dell’Ufficio Cultura e Turismo, Sport, Pubblica
Istruzione, della Biblioteca Comunale e dell’Ufficio Stampa. Dal maggio 2009 è
responsabile anche della gestione del sito archeologico di Pezza Petrosa e del
Museo Civico, all’interno del quale è ospitata la Mostra Archeologica dei
reperti di Pezza Petrosa( IV e III sec. a. C.).
Pubblicazioni
di Angelo G. Chirulli
Nel Gennaio 2002 ha pubblicato
una raccolta di proverbi popolari
dal titolo “La saggezza antica nei
dittèri popolari”, edita dalla SVIPI
Onlus di Villa Castelli.
Nel gennaio 2005 ha
pubblicato la I Edizione del “Vocabolario
del dialetto di Villa Castelli”, edito dalle Edizioni Pugliesi di Martina Franca e patrocinato dalla Provincia
di Brindisi.
Nel dicembre 2008 ha
pubblicato un opuscolo illustrativo, intitolato “Villa Castelli, Balcone dell’Altosalento”, edito dall’Amministrazione Comunale di Villa Castelli, nell’ambito
del Progetto Comunitario Transfrontaliero “Interreg
Grecia-Italia 2000/2006”.
Nessun commento:
Posta un commento