La prima di copertina
Rocco Santoro con Radini Tedeschi
La tecnica da Rocco Santoro è l'acrilico, soprattutto per la brillantezza che i colori assumono una volta che i pigmenti, vengono mischiati con la resina acrilica, donando così una traslucidità, assolutamente priva di sfumature, non altrimenti ottenibile con altre tecniche.
Rocco Santoro utilizza però anche tecniche più tradizionali come l'acquerello e la pittura ad olio su tela.
Rocco Santoro non ha eletto una precisa tematica a ruolo di protagonista dei suoi quadri, preferendo spaziare liberamente oltre i confini della monotonia. Questo gli permette di passare dal tema delle marine, a tematiche più quotidiane, dai panorami della Puglia con i suoi tesori, alle composizioni più informali.
Tuttavia soggetto prediletto del pittore, almeno a giudicare dalla consistenza numerica, è sicuramente la figura femminile. Questa è ritratta nella sua più esplicita sensualità, nel vigore turgido delle sue forme, delineate con scultorea evidenza, nel palpito di un nudo appena velato o di un seno che non lascia spazio all'immaginazione.
Rocco Santoro non limita la sua produzione nemmeno ad un solo genere pittorico sia esso figurativo o astratto, muovendosi liberamente tra l'uno e l'altro, senza costringersi in etichette che poco risponderebbero al fluire libero e vagabondo del suo estro.
Dopo un iniziale periodo informale si è infatti cimentato nella forma, direi in quella più schietta che ci possa essere, riportando alla memoria ricordi di un secondo '900 importante.
Definirei Rocco Santoro un illusionista della forma, gioca con essa, ingannandoci, riesce a sconvolgerci o a stupirci a suo piacimento.
Ironizza e illude anche con la forma stessa del quadro, modificandone i confini; crea, infatti, molto spesso un cornice nella cornice, in opere, per esempio, come "Paesaggio a Ceglie" del 2011 o "Burlesque" del 2012, dove lo spazio della tela viene doppiamente incorniciato.
Mescola spesso i due generi di cui, come detto, fa uso, l'astratto e il figurativo, la sciando tracce della sua verve informale anche in quadri che convenzionalmente non lo richiederebbero.
Ed è così che nascono opere come "Empatia" del 2012 o"Specchio" dello stesso anno, dove si scorgono due figure nude nascoste da un tracciato di segni colorati. Quasi un gioco di velamento-disvelamento, in cui la carica erotica è potenziata proprio da questo ludici effetto di trasparenze. Donne di strada o più semplicemente donne-simbolo di una società patinata che fa della femminilità bene di consumo e merce iconologica.
Le donne di Rocco Santoro vogliono essere guardate, e a loro volta guardano l'osservatore con fare ammiccante.
Rocco Santoro non è nemmeno incasellabile in un preciso "gruppo" pittorico o in una corrente vera e propria, passando da opere in cui le forme sono ben tornite e classicamente composte e delineate, in altre dove il tratto veloce genera la sensazione di esser frutto di un'impressione subitanea.
Nell'opera "Atelier" ci troviamo difronte ad una sorta di meta-racconto o, meglio, di meta-quadro, trovandoci immersi nello studio del pittore stesso e scorgendo sullo sfondo una delle opere più famose del nostro artista: una donna in autoreggenti regge un telo o forse la camicetta che indossava poco prima e che ora ricade morbida sulle spalle.
Come un novello Corbet, che faceva del suo "Atelier del pittore" uno dei manifesti del realismo pittorico, con una fanciulla che reggeva un telo bianco, Rocco Santoro fa di questo quadro una visualizzazione del suo personale programma ideologico. Rocco Santoro è contemporaneamente attento alla realtà dei nostri giorni così come alla storia dell'arte.
A distanza di un anno dipinge due opere che sembrerebbero in antitesi: da una parte "Bunga Bunga" del 2012, dall'altra "Omaggio a Picasso" del 2011.
Apparentemente opposte in realtà condividono la sensibilità umana di un pittore che sa da dove viene e sa dove sta andando. Un esempio positivo e uno negativo, ma entrambi parte della nostra storia.
A questo proposito può essere citato anche l'omaggio l'"Omaggio a Cezanne" del 2011, che riprende del Maestro provenzale una delle sue tante nature morte in cui mediante un stile proto-cubista, scardinava il senso canonico della prospettiva e della tornitura convenzionale dei frutti.
Occorre citare l'opera "Com' è profondo il mare" che riporta alla mente un pezzo della storia della musica del nostro Paese: quella di Lucio Dalla ricordato mentre suona il clarinetto, sua grande passione raffigurata in una sorte di finto fotomontaggio a ridosso di alcune case sul mare, immagine forse di Sanremo
Molte opere del Nostro, astratte, mi ricordano invece la fase del cubismo orfico di Delaunay, quando, ispirato da un'idea "musicale" dell'arte realizza le sue forme circolari in cui i piani si sfaccettano in vortici luminosi; nelle opere di Rocco Santoro vediamo comparire cerchi concentrici dal nucleo liquefatto di segni pastosi.
L'insieme di cerchi che riempie la tela secondo ritmate scansioni spaziali e dinamiche prestabilite e tenuto insieme da lembi di nastro colorato, che in alcuni casi si avvicina le forme "a comparti" di un nastro di negativi fotografici e in altri a quello solitamente usato per confezionare pacchi regalo. Capita a volte poi che i cerchi si trasformano in anelli ad incastro, uniti tra loro a formare lunghe catene colorate, talvolta incorniciate da lettere, rappresentando un'interpretazione segnica o, più correttamente, grafica del codice linguistico.
Altre volte questo insieme di cerchi, di dimensioni variabili, si avvicina di più ad immagini oniriche di Kupkiana memoria, dove l'armonia di forme e colori rappresenta il senso dell'esistere del quadro.
La ragnatela segnica è sempre pronta a sostenere la strutturazione del quadro, un linguaggio quasi bozzettistico, che fa emergere l'istintività e la spontaneità in un'arte che sembra invece progettata e tavolino.
Molta importanza è data al colore e al modo di stesura di questo, a volte puntinato, a volte accostato per contrasto, a volte sfilettato in segni, altre ancora steso puro nelle tonalità sgargianti. C'è una precisa volontà di resa materica, tattile, del composto pittorico, come si vede bene in opere soprattutto di soggetti religioso come "Crocifisso" o la "Sindone".
Convive nelle sue opere, come si è potuto intuire, una sorta di "docile contrasto", almeno così mi piace definirla, tra la leggerezza di un eterno tracciato segnico onnipresente e la "pesantezza" di una consistenza materica, resa evidente nella sua pastosità.
L'accostamento, all'interno del ventaglio della produzione artistica di uno stesso autore, di opere a carattere sacro e opere a carattere profano è da sempre, direi soprattutto del Rinascimento in poi, pratica diffusa, che diventa però nelle opere di Rocco Santoro quasi stridente accostamento di Crocifissi e Natività accanto a donne nude e in pose provocanti.
Tuttavia questo stridore vien meno se visto sotto l'ottica della personalità di un uomo privo di moralismo, ma non di morale, privo di retorica spicciola, che fa di ogni soggetto un' opera d'arte elevandolo e subliminandolo.
Rocco Santoro è davvero un'artista dei giorni nostri che non disperde energie utili alla ricerca di un passato ormai perso, non pecca di nostalgia, ma sa di trovare in se le forze per urlare la mondo "ce la possiamo fare". Recensione di Daniele Radini Tedeschi
Rocco Santoro
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