Venerdì 24 Aprile 2015
Da tempo l'antico Mare
Nostrum, il Mar Meditterraneo, ha cambiato proprietario. E con loro la
destinazione naturale d'uso: pochi si avventurano dopo il canale di Sicilia per
una battuta di pesca, motivo: si corre il rishio di vedersi rubare la barca dai
nuovi pirati armati non di spingarde ma di mitra e bazooka e quello di vedersi
tornare le reti pieni di cadaveri più che di pesci.
Non siamo di fronte ad
un nuovo flagello biblico, ma questo esodo, forzoso o meno, è diventato
un'altra delle piaghe non del solo Egitto ma dell'intero continente africano e
dei paesi rivieraschi. E tra le onde alte e minacciose del mare in burrasca o
nella calma piatta assordante c'è solo il May Day lanciato sempre più spesso da
cellulari satellitari in dotazione ai contrabbandieri, si odono solo le grida
rauche di donne , bimbi , uomini schiavi senza catene ma sotto la minaccia
delle armi dei caporali del mare; mai finora non una sola voce si è alzata su
questo nuovo Mar Morto della gente del continente africano. La voce possente
del continente nero, l'Africa, la mia Africa amata al cinema e nei romanzi,
penetrata nell'anima quando un grido sovraumano da leone ne ha scosso le
fondamenta e quell'uomo si chiamava Mandela. L'Africa, che tutti hanno amato
quando le onde portavano il rumore di catene spezzate e i cori di uomini liberi
e felici. Dov'è in questa tragedia la voce dell'Africa? A Mandela piacevano le
parole della poesia di William Ernest Henley "Invictus" che chiudeva
con queste parole:" io sono il padrone del mio destino/io sono il capitano
della mia anima". Dove sono i nuovi capitani della propria anima, del
proprio destino?
L'Africa di oggi è
attraversata da guerre e stermini, sangue innocente versato in faide
tribali inconcepibili, lotte di religione come neanche nel medioevo di
conquista: una terra devastata da uomini in preda alle allucinazioni di potere
e ricchezze rubate alla propria nazione e al proprio popolo. Nel romanzo della
Blixen, "La mia Africa" lei affermava che il continente nero era
superiore all'Europa in quanto più pura e più vicina al mondo che Dio
aveva preparato per gli uomini , un paradiso oggi devastato dalla furia
umana dove Dio forse non ha colpe e comunque avrebbe per se tutte le attenuanti
generiche plausibili.. Si cercano soluzioni tampone, pezze a volte più dannose
dello strappo, si chiede l'aiuto dell'Onu quando la situazione è proprio al
collasso. Come oggi in Italia, come da anni nel continente nero. E, come
purtroppo si è verificato ogni qual volta si invoca l'Onu e ne scopriamo la sua
impotenza, la sua inutilità: essere un carrozzone di spesa a sbafo del
mondo. Mi sarebbe piaciuto un tentativo di chiamare non solo l'America o
l'Europa ma soprattutto l'Africa, e non parlare solo e soltanto di accoglienza
perchè magari sarebbe stato più utile sollecitare i capi di stato
africani a unirsi e con una sole voce rivendicare il diritto del proprio
continente ad essere una nazione solidale e forte contro coloro che la stanno
distruggendo dall'interno. Una sola autorevole voce da sentire da una costa
all'altra, da nord a sud, un solo grido o canto per risvegliarne l'anima
antica. Svegliare il leone dall'anima nera. Rivendicare l'orgoglio di essere
africano con una lunga lotta contro tirannia e schiavismo.
Se questo tentativo o
sforzo non ci sarà, noi tutti saremo nei guai, non tanto per il numero di
profughi che dovremo ospitare da qui
a qualche anno(qualche
milione) sul continente, quanto per le tragedie che dovremo vivere
quotidianamente raschiando il fondo dell'anima e a chiederci ogni ora, con qualche
recriminazione, quanto dovrà essere la nostra quota parte di disperazione che
ci toccherà gestire. Siamo strapieni, senza confini o barriere, e qualcuno
comincia ad aver paura che le seconde case siano sequestrate per far posto ai
migranti. E' cronaca. La gente teme di tutto e pare che anche Cristo si sia
spostato da Eboli per far posto a questi disperati. Ci stiamo riconoscendo come
poveri Cristi che cominciano a mal sopportare il peso di queste croci moderne e
antiche e abbiamo paura non dei nuovi migranti ma del futuro a cui non sappiamo
dare un volto, uno sguardo, una parola.
F.to
Angelo ciciriello
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