Martedì 24 Novembre 2015
IL
TOPO E LA GATTINA
Aveva
girovagato tutto il giorno, fino a che il buio si era impadronito di
ogni cosa. La gattina, comunque, aveva seguitato a cercare la via di
casa. Invano, almeno fino a quel momento. Forse, la sua padroncina,
aveva cominciato a cercarla, a chiamarla per nome, di qua e di là,
trascinandosi dietro mamma e papà, vista l’ora tardi. Prima o poi,
la gattina ne era sicura, l’avrebbero trovata e sarebbe finita,
come spesso accedeva, tra le braccia amorevoli di Filomena, la sua
padroncina.
Intanto
continuava a cercare e nei suoi occhi, sempre più stanchi, non si
specchiava casa.
Si era
infilato un lungo viale costeggiato da siepi. L’umidità della
notte, che continuava imperterrita ad avanzare, stava inzuppando
tronchi e foglie. Insieme luccicavano confondendo i margini della
strada. Alla gattina parve che tutto, piano, si stesse immergendo in
un'immensa bolla di sapone. Tutto le sembrò tremendamente nuovo e
inesplorato. Le zampette scivolavano pigramente sull’asfalto e, di
tanto in tanto, sconfinavano a caso tra la vegetazione circostante.
Aveva, la
gattina, un corpicino agile e flessibile, nonostante la tenera età.
Normalmente trascorreva il suo tempo alternando grandi salti a
frequenti arrampicate, servendosi di affilatissime unghie
protrattili. Buio e stanchezza le impedivano di muoversi come sempre.
Sentiva il
fruscio delle foglie. L’alitare sinistro del vento. Lo squittire,
disperato, di un roditore. Il gracidare lontano di una rana.
Improvvisamente
vide qualcosa strisciare sotto al groviglio di quei rami che le
sfioravano il muso. Si fermò di botto. Piantò con forza tutte e
quattro le zampe sul terreno. Miagolò come se volesse intimare
l’altolà. Rispose un movimento di foglie.
Dalla siepe
sbucò fuori un corpicino lungo poco più di venti centimetri. Pelo
corto e lucente. Doveva pesare più o meno quaranta grammi. Il colore
non le era ben chiaro, ma doveva essere di un marrone - brunastro
chiaro. La gattina dilatò gli occhi in modo spropositato. Incrociò
quelli dell’animale apparso innanzi ad essa. Riconobbe zampe,
orecchie arrotondate, coda, la testa dalla forma allungata e punta
del naso. Temporeggiò qualche secondo sulla bocca delimitata da due
labbra. Si passò velocemente una zampa sul capo identificando due
grossi incisivi.
Il
roditore, come la gattina, trattenne il respiro. Ingigantì gli occhi
sotto le palpebre. Sfoderò gli artigli dalle quattro dita di tutte
le zampe. Squittì ripetutamente.
La gattina
fissò l’animale. Premette sulle zampe posteriori, più lunghe di
quelle anteriori. Sfoderò anch’essa si suoi artigli. Orientò i
padiglioni auricolari. Tirò indietro le orecchie e tese
smisuratamente i baffi. Per incutere paura al roditore che la stava
studiando fece una gobba e rizzò il pelo. Voleva apparire più
grossa.
La siepe
proteggeva ancora il roditore. L’attesa per un salto sembrò
conclusa. Scivolò lentamente in avanti, attento a non destare
sospetti. La gattina ancora lo stava studiando. Poteva saltargli
addosso, se non voleva essere morsa. Lo fece. La gattina indietreggiò
premendo sulle zampe posteriori. Svirgolò su un fianco. Il roditore
cadde nel vuoto. Zampe al cielo.
Toccava
alla gattina. Ringhiò contro l’avversario che intanto si era
rimesso sulle zampe. Agitò la coda ritmicamente. La sbatté con una
certa forza da un lato all’altro. Mostrò tutto il suo nervosismo.
Si trasformò presto in aggressività. Soffiò e sputò per
intimorire il roditore. S’immobilizzò premendo sulle quattro
zampe. Attese. Studiò.
L’immobilità
del topo selvatico, sbucato dalla siepe, caricò la gattina. Stanca
ma decisa a farla finita con il suo avversario. Emise un ringhio di
tonalità bassa e profonda. Saettò. Due artigli sfiorarono il
roditore.
Dal pelo
corto e lucente schizzò via qualche goccia di sangue. Il dolore
raddoppiò le forze del malcapitato. Il topo squittì nervosamente.
Sgranò gli occhi ancora di più. Spalancò la bocca mostrando due
grossi incisivi. Mirò la gattina e le saltò con tutto il corpo
sulla gola. Affondò gli incisi. Riassestò lo stesso colpo nello
stesso buco. Nella gola della gattina gorgogliò qualcosa di profondo
e denso. Aveva trovato la vena.
La gattina
s’acquattò di botto. Miagolò come per chiamare aiuto. S’arrese
per sempre.
Il topo
selvatico sparì nella siepe. Vincitore. Per una volta.