Martedì 2 settembre 2020
Sergio Tapia Radic,
lo scultore che si innamorò della nostra Ceglie Messapica.
Eravamo nell’agosto dell’anno 2000, esattamente venti anni fa, quando si
svolgeva a Ceglie Messapica il Corso di Ceramica e Scultura, organizzato e
coordinato da Vito Elia, coadiuvato da Donato Roma, e con la direzione
artistica dello scultore di origini cilene Sergio Tapia Radic. Il corso estivo a
cui presero parte piu’ di 40 allievi, come si evince leggendo un articolo dell’epoca,
pubblicato sul quotidiano La Gazzetta del Mezzogiorno a firma Luca Dipresa,
ebbe notevole successo, tanto che a distanza di 20 anni chi scrive prova a
ipotizzarne una replica. Oggi sappiamo come sono andate purtroppo le cose, il
Covid, maldetto Covid-19, ha rovinato anche questo progetto proprio sul
nascere.
Dalla caldissima estate del 2000 tante cose sono cambiate, i due amici
Vito Elia e Sergio Tapia, pur non perdendosi mai di vista sono andati ognuno per
la propria strada. Così, mentre la residenza di Elia è rimasta immutata nel
tempo, nei pressi di Varese, quella del maestro Tapia è andata cambiando più volte. Dallo studio di Laveno
Mombello, sul lago Maggiore, egli si sposterà dapprima a Luino, ridente città
situata sulla sponda orientale lombarda di quel lago tanto caro ai Borromeo. Lascerà,
non prima di essere stato ospite dei principi di quella nobile famiglia, la
città di Piero Chiara per spostarsi poco distante e mettere radici temporanee a
Brezzo di Bedero (VA), da qui porterà successivamente dimora e studio in quel di
Cuveglio (VA), ai piedi del Parco Naturale Regionale Campo dei Fiori di Varese.
Da Cuveglio la svolta, si cambierà regione, dalla Lombardia infatti
Tapia Radic scenderà più tardi sino alle Marche, dove scriverà pagine di pura
arte plastica, nella storica cittadina di Ripatransone sopra Grottammare, la
città natale di Papa Sisto V, in provincia di Ascoli Piceno. E’ bene ricordare
che ogni spostamento di residenza del grande artista, nato a Puerto Natales, avverrà con a fianco la sua fedele
compagna Loredana. Ed è con la stessa che più tardi fisserà dimora ed atelier a
S. Marcello, nei pressi di Jesi, soffermandosi perciò ancora in territorio
marchigiano.
In tutto questo peregrinare, ogni località abitata saprà esaltare la
sua esuberante creatività e il suo grande talento, con opere sparse ovunque,
nelle città, nei cimiteri, nelle chiese e nei conventi, c’è pure chi gli
realizza musei ed installazioni permanenti, come a suggellare geograficamente il
suo cammino artistico attraverso la patria dell’arte, la sua seconda patria
come Tapia Radic ama definirla. L’Italia avrebbe voluto viverla tutta, dalla
Valle d’Aosta sino al tacco, persino le isole erano tra le sue mete, per trovare
sempre nuovi stimoli alla immensa creatività. Vale la pena ricordare ciò che un
giorno, mentre mi trovavo nel suo studio luinese, ebbe a precisare “Terminati gli studi, sotto la guida
dell’italiano prof. Antonio Corsi Maldini, presso la Scuola di Arti Applicate
dell’Università del Cile in Santiago, restai come assistente alla cattedra di
scultura presso la stessa Università per alcuni anni, sino al 1967. Dopo un
primo soggiorno in Italia, negli anni 1970 e 1971, decisi di trasferirmi nel paese dell’arte che già amavo da ragazzo.
Poi ancora - per me vivere al nord
Italia, al Centro o al sud poco importa, l’Italia è bella ovunque e ovunque è
il paese dell’arte, per antonomasia.
Della breve ma fortunata esperienza vissuta nell’anno 2000 a Ceglie
Tapia e Loredana ricordano tutto, il calore della gente, l’accoglienza, le cene
nella campagna cegliese, davanti ad un forno acceso traboccante di inebrianti profumi
di pizze e focacce, quando non di melanzane alla parmigiana. Ma c’è pure
qualche ricordo particolare da parte mia. Una sera, durante i festeggiamenti di
S. Rocco, mentre era seduto in Piazza Plebiscito, provai gioia nell’osservarlo
mentre uno dei Gran Concerti di Ceglie Messapica eseguiva alcuni brani di
musica classica. Ai miei occhi, Sergio Tapia, da amante appassionato di quella
musica, sembrava un bambino rapito dalle gesta e dai suoni dei concertisti,
mentre la sua immagine gaudente sembrava proiettarsi sulla cassarmonica, quasi a
volerne prendervi parte. E’ molto triste ricordare che Il Covid-19, ironia
della sorte, abbia messo a tacere pure ogni concerto di qualsivoglia tendenza
musicale, nelle nostre città.
In tutti questi venti anni trascorsi, ma anche prima, ho seguito
ovunque il grande scultore e ovunque egli e la compagna Loredana hanno
ricordato con sommo piacere quelle settimane trascorse nella nostra città. E’
per questo motivo che già prima della fine dello scorso anno ho cercato di
progettare un ritorno nella nostra Ceglie, dopo 20 anni esatti, per un nuovo
corso di ceramica e scultura ma, come ho avuto modo di affermare in precedenza,
il Covid 19 ci ha pensato bene a soffocare sul nascere ogni cosa. Un epilogo
triste, una delusione immensa, mia personale e del maestro di Puerto Natales,
se non fosse per quella cosa che è l’ultima a morire, la speranza. Già la speranza di poter rimandare tutto alla
prossima estate, confidando di aver messo già a tacere, mi auguro
definitivamente, quel maledetto coronavirus, che dagli inizi dell’anno 2020 ha mietuto
e continua a mietere migliaia e migliaia di vite umane (ivi compresa quella di
Giuseppe Chirico, il mio vecchio amico morto a Bergamo) e finito per stravolgere
le nostre abitudini, il nostro modo di vivere, non solo a Ceglie in verità, ma
pandemicamente in ogni paese del mondo.
Vito Elia
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