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I Racconti di Damiano Leo

Giovedì 21 Luglio 2016

UN PRESENTINO


  Otto ore di pullman separavano Gennarino dalla sua numerosa famiglia.
   L’ultimo della nidiata doveva laurearsi, finalmente. Doveva discutere la tanta sospirata tesi. Frutto maturato grazie ad una sfilza di esami tutti giocati intorno al 30. Il ragazzo andava gratificato. Ne aveva tutto il diritto.
  Nonostante il costo quel mezzo per il Nord andava proprio preso.
  Gennarino, gioia di mamma e di papà, orgoglio dei tuoi fratelli, preparati, arriviamo.
  L’incontenibile notizia era giunta agli orecchi degli amici più fidati di mamma Giovannina. Vogliamo anche noi dare un presentino al neo dottore, una cosuccia, giusto il piacere di fargli sapere che anche noi, come voi, siamo felici per lui.
  La donna, palesemente emozionata, si trovò tra le mani un morbido pacchettino. Lo tastò più volte. Le premeva scoprire in anticipo cosa trasportava, ma non ne venne a capo. Non lo avrebbe certo detto a nessuno, se anche avesse indovinato il contenuto, giusto per capire se suo figlio avrebbe gradito. Non ci fu verso. Dovette rassegnarsi.
  Decise, però, mamma Giovannina, di portare il pacco in aula magna, in quella dove Gennarino stava discutendo la tesi. Solo aprendolo subito dopo la nomina a dottore di suo figlio, avrebbe accorciato i tempi dell’attesa.
  Chissà perché, più del figlio, fremeva dalla voglia di sapere cosa conteneva quella busta floscia e senza odori.
  La aveva odorata e fatta odorare almeno una ventina di volte, anche a Carmelo, suo marito, a qualcuno dei figli e a nessuno era venuto in mente niente. Bisognava aspettava che il chiarissimo presidente di commissione, recitata la formula di rito, autorizzasse i festeggiamenti.
  Con il potere conferitomi… eccetera eccetera. Visto qui. Visto lì. Con la votazione di 110 la dichiaro dottore in medicina e chirurgia.     L’illustrissimo presidente aveva sentenziato.
  Ora potete fare i vostri auguri al candidato. Mamma Giovannina si precipitò sul neo dottore. Lo incoronò soffocandolo con un sonoro bacio e incominciò a scartare il presentito degli amici. Ne venne fuori una bianca t-shirt sulla quale campeggiava un'enorme scritta rossa che recitava: MI HO LAUREATO.
  In aula qualcuno, letta la scritta, si abbandonò ad una sonora, lunga risata.
  L’intera commissione, capitanata dal chiarissimo professore, direttore di ben due illustre università, proprio non capivano perché. Qualcuno continuava a sganasciarsi dalle risa e loro, quelli della commissione, leggevano la scritta e proprio non capivano cosa ci fosse che non andava.


3 commenti:

  1. E' un errore che non ci vorrebbe che ci sarebbe.

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  2. Errore anche in "gli orecchi"

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  3. Non fanno scuola nemmeno le gustosissime orecchiette.

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