Lunedì 28 marzo 2022
Lo scorso 25 marzo si è tenuta a Ceglie Messapica la giornata dedicata a Dante meglio definita Dantedì
Dalle parole dell'Avvocato Augusto Conte. "si
è concluso lo scorso 25 marzo il DANTEDI’ indetto a
CEGLIE MESSAPICA dal Liceo Classico e Scientifico diretto dalla dott.ssa Angela
Albanese e “rappresentato” nel borgo antico della Città e in gran parte nella
Sala Convegni del Castello Ducale.
A
chiusura della giornata ho incontrato gli Alunni del Liceo, che accompagnati
dalle Professoresse Amico, Leo e altri docenti, per la mia relazione sui
processi subiti e sulle condanne applicate al sommo Poeta.
Ringrazio la Preside, il Corpo dei Docenti e
soprattutto gli Alunni che con le loro letture, in latino e in “volgare”, delle
sentenze (da me rinvenute e pubblicate
sul mio libro SENTENZE MEMORABILI), le loro “domande” e i costumi
indossati, hanno reso la giornata dantesca unica e indimenticabile.
I PROCESSI A ALIGHIERI DURANTE (detto DANTE)
(Firenze, tra il 22.5 e il 21.6.1265-Ravenna, notte tra il 13 e il 14.9.1321),
E AI FIGLI ALIGHIERI GIOVANNI, PIETRO, JACOPO E ANTONIA E LE SENTENZE DI
CONDANNA DEL 27.1.1302 E DEL 10.3.1302, DEL 15.10.1315 E DEL 6.11.1315, AI SENSI
DEGLI ARTT. 568, 629, 630, COMMA 1, LETT. C), 632 CODICE DI PROCEDURA PENALE
sono state sottoposte a un processo, da me ideato e drammatizzato, di
“REVISIONE” lo scorso 10 settembre 2021, con la partecipazione di Magistrati,
Avvocati e Docenti, nelle vesti di Consulenti del Pubblico Ministero e del
Difensore.
Il POETA e le Sue opere sono stati
universalmente studiati da letterati, filosofi, religiosi e molto meno da
GIURISTI, anche se dalle sentenze si possono trarre significati su vita e
opere; paradossalmente senza le condanne probabilmente non si sarebbero
avute
la Commedia, il De Monarchia e altro e Dante sarebbe rimasto uno dei Poeti
“Fedeli d’Amore” come Guido Cavalcanti e Cino da Pistoia.
Nel primo processo ad ALIGHIERI DANTE e altri
tre, Messer Palmieri degli Altoviti, Lippo Becchi, Orlanduccio Orlando le
imputazioni contestate agli imputati riguardavano reati di baratteria, illeciti
lucri, inique estorsioni di denaro, speculazioni edilizie, ricezione o promesse
di denaro o altre utilità per orientare la elezione di Priori e Gonfaloneri e,
in particolare di aver commesso, nelle qualità di membri del Consiglio del
Popolo, dei Savi, dei Priori, del Consiglio dei Cento, nel corso dell'esercizio
del pubblico ufficio fatti illeciti falsificando o facendo falsificare libri
contabili di commercianti (baractarias, lucra illecita, iniqua extortiones in
pecunia vel in rebus). Altre contestazioni riguardavano l'avere sostenuto spese
contro il Pontefice e contro Carlo di Valois, per impedirne l'intervento pacificatorio
in Firenze; avere influito sulle elezioni in Pistoia per far eleggere
partigiani contrari ai Guelfi Neri in modo da distaccare Pistoia da Firenze.
Con la sentenza penale del 27.1.1302,
pronunciata da Messer Cante dei Gabrielli da Gubbio Podestà di Firenze, gli
imputati furono condannati alla restituzione di libbre 5.000 fiorini, di quanto
illegalmente percepito ed estorto, nel termine di tre giorni, pena la confisca
di tutti i beni e la perdita dell'accesso ai pubblici uffici.
I fatti addebitati non risultano accertati e
stabiliti nelle forme di legge, avendo la sentenza fatto riferimento a
"fama publica referente" e sulla presunzione di responsabilità
derivante dalla contumacia, illegalmente dichiarata perché il termine di
regolamento prevedeva per l'adempimento quaranta giorni e comunque perché Dante
era in missione diplomatica a Roma per conto del Comune di Firenze presso
Bonifacio VIII.
Con la sentenza 10.3.1302, non avendo
ottemperato alla decisione, Dante, i tre coimputati e altre 11 imputati in
procedimenti connessi e riuniti, non essendo comparsi all'annuncio del
banditore, vennero condannati dallo stesso Podestà alla condanna a morte sul
rogo (igne comburatur sic quod moriatur).
Le successive sentenze di condanna per Dante e
per i figli Giovanni, Pietro, Jacopo, e Antonia furono pronunciate per avere
complottato durante l'esilio, come ghibellini e ribelli contro Firenze perché
fosse conquistata da Enrico VII; con la sentenza 15.10.1315 gli imputati furono
condannati in contumacia dal Tribunale sedente nel Palladio del Comune di
Firenze, presieduto da Raynerio di Zaccaria da Urbeveteri (Orvieto), a morte
mediante decapitazione (forum caput a spatulis amputetur ita quod penitus
moriantur), alla confisca e alla distruzione dei beni. Con la Sentenza
6.11.1215, i condannati furono definitivamente banditi da Firenze.
Il processo di revisione ha avuto la finalità
di contribuire alla riformulazione storiografica degli eventi connessi ai fatti
che portarono alla pronuncia delle sentenze, non solo per verificare la
legittimità delle decisioni nella forma e nella sostanza, anche in riferimento
alla mancanza di prove e al fondamento della condanna sulla voce pubblica, ma
per ristabilire il ruolo "politico" di Dante e le sue scelte
politiche ed economiche, non avendo auspicato la perdita della autonomia del
Comune di Firenze, al quale, secondo il suo convincimento, l'Impero di Enrico
VII avrebbe riportato pace, escludendo il potere temporale dei Papi, ai quali
spettava solo quello spirituale, senza egemonia o subordinazione dell'una
"spada" all'altra e, per Firenze, avendo aspirato a porre fine al
conflitto tra Guelfi e Ghibellini, e in particolare tra Guelfi Neri, fautori di
una politica conservatrice e aristocratica, facenti capo a Corso Donati, e
Guelfi Bianchi, fautori di una politica popolare che facevano riferimento a
Vieri de Cerchi.
(Sono visibili su You Tube e su Video M i
processi, da me ideati e drammatizzati, di revisione della sentenza di condanna
a morte del 1863 del Brigante COTTURELLI in applicazione della Legge Pica,
tenuto presso il Comune di Villa Castelli e di revisione della sentenza,
pronunciata dalla Giunta di Stato, di condanna a morte del 1799 di IGNAZIO
CIAIA, dopo il fallimento della Repubblica Napoletana, al Comune di Fasano e il
processo di revisione a favore di Dante Alighieri, in Ceglie Messapica).