MERCOLEDI' 16 APRILE 2014
I
SEPOLCRI
La
celebrazione della Settimana Santa aveva un importante appuntamento per tutti i
fedeli e le Chiese il mercoledì. La coralità era tratto distintivo di questo
giorno in cui tutti si adoperavano per fare il Sepolcro più bello.
La Chiesa, in questa giornata ed il Giovedì Santo, non era solo il luogo dove
veniva celebrata la messa; diveniva tutto lo spazio esistenziale della comunità
che si prestava alla celebrazione del rituale della costruzione del “Sepolcro”.
Si
cominciava dal lunedì, con la scelta dei fiori da adoperare, mentre i coristi
mettevano a punto i canti preparati il giorno prima, si predisponeva la gente a
vivere il Mistero della morte di Cristo. I sepolcri dovevano essere pronti per
il mattino del Giovedì Santo, quando le confraternite ed il clero, in
processione, visitavano tutte le Chiese e tutto il popolo si riappropriava delle
strade e degli edifici sacri.
Tra
fiori, candele ed il famoso “Grano di cristo”, preparato mesi addietro, con la messa a dimora di cereali (lenticchie-ceci-orzo-avena), tenuti per settimane al
buio e fatti germogliare con parsimonia, sino a raggiungere la piena maturità
per i giorni prefissati. Questa usanza trovava la sua radice nella credenza
popolare che voleva dare il significato cristiano a questo uso; le sue
connessioni con i riti propri di un Dio che muore e rinasce col morire e
rinascere della vegetazione sono troppo evidenti.
Al
centro capeggiava l’urna dorata contenete il Santissimo. Da molti anni i nostri
sepolcri hanno perso la loro spettacolarità e severità di un tempo, ma sono
ugualmente meta di pellegrinaggio dei fedeli la sera del Giovedì sino al primo
pomeriggio del Venerdì santo.
Perché
nella nostra città si chiamano “Sepolcri” (Sibburk)? Come sappiamo il Giovedì
Santo ricorda l’Ultima Cena, mentre il termine Sepolcro ricorda ovviamente la
sepolture del corpo di Cristo.
Infatti,
dopo la lavanda dei piedi e la celebrazione della Messa, con la funzione del
“Giovedì santo” si rinnova l’Eucarestia per essere collocata dal tabernacolo
nel “Repositorio”, l’urna, appunto, che noi tutti siamo abituati a chiamare
“Sibburk".
Il
Giovedì santo, al’alba, i confratelli dell’Immacolata e tutte le altre
confraternite, molto numerose a Ceglie sin dal 1500, visitavano i sepolcri.
Alle nove, toccava al popolo che riempiva le
strade in atteggiamento di penitenza, pellegrinaggio che terminava con la
visita al Calvario.
La
visita ai “Sepolcri” dal Giovedì al venerdì mattina, grazie al divieto imposto
ai veicoli di transitare nel centro urbano, restituiva ai pedoni il possesso
della città senza il timore di essere calpestati dai cavalli e dalle carrozze.
Nessuno rinunciava a questo insolito beneficio. Il popolo, abitualmente,
pedone, il signore che faceva di necessità virtù, lo stesso cocchiere, o carrettiere,
a cui non pareva vero di non sentire per quarantott’ore la voce del padrone.
La visita ai sepolcri aveva anche il valore di
ristabilire il contatto con Dio, rotto durante l’anno dagli uomini con i loro
peccati.
IL
GIOVEDI’ E IL VENERDI’ SANTO
La
natura della Pasqua cegliese consiste essenzialmente in azioni rituali e le
processioni ne sono il momento culminante.
Una
delle manifestazioni più significative erano le processioni di tutte le statue
dell’Addolorata.
I
sacri cortei avevano inizio nel modo seguente:
Ore
10:00 Addolorata della Chiesa
dei Padri Cappuccini
Ore
14:00 Addolorata della Chiesa
di San Rocco
Ore
16:00 Addolorata della chiesa di San Domenico
Ore
19:00 Addolorata della Chiesa Matrice
Ore
22:00 Addolorata della Chiesa
di San Gioacchino
Venerdì
all’alba Addolorata della Chiesa di
San Demetrio
fototeca Michele Ciracì tutti i diritti riservati
Le
statue venivano accompagnate dai fedeli, dalle confraternite e dalla banda
musicale che intonava marce funebri.
L’ultima
statua rappresentava la ricerca della Madre del proprio figlio perduto ed
usciva dalla Chiesa di San Demetrio.
Questa
ricerca rappresentava, per tutto il popolo cegliese, un momento di dolore a cui
partecipava attivamente. Questa ricerca, che avveniva processionalmente, dal
Giovedì al venerdì si svolgeva girando disperatamente per le vie del paese. L’Addolorata,
andava da una Chiesa all’altra, dopo aver cercato l’Unigenito fermandosi quasi
in ogni strada del paese, finalmente lo incontrava sul Calvario e veniva
collocata di lato alla Croce, vicino al Figlio.
Queste
processioni rappresentavano, anche un grande momento di aggregazione non solo
religiosa ma anche civile; erano un punto di riferimento per i fedeli impegnati
nella preparazione di questi cortei sacri.
Nel
1957, anche per la colpevole indifferenza di noi cegliesi, le processioni dell’Addolorata
sono state soppresse. I giovani, quindi, non hanno altro modo di capire cosa
rappresentassero queste manifestazioni, se non attraverso vecchie e sbiadite
foto che vengono rappresentate in questo lavoro.
di
Michele Ciracì (I RITI DELLA SETTIMANA SANTA A CEGLIE MESSAPICA 1500-1900)
Non ci sono parole..queste foto sono davvero stupende...quanta gente cristiana che ci teneva tantissimo partecipare a questi eventi sacri..facevano km e km a piedi dalle campagne pur di essere presenti alle sante processioni..e vivevano fino a 90 anni , mai una malattia mai un dolore...solo lavoro nelle campagne e preghiera....che tempi stupendi....viva tutti i nostri nonni cegliesi..
RispondiEliminaNon dimentichiamo però la terribile durezza della vita contadina che portò proprio a Ceglie a ripetute rivolte, altro che "nessun dolore".
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