Sin dai tempi immemorabili,
il popolo cegliese festeggia il lunedì dopo Pasqua con una scampagnata, la
famosa “scorcilaiov”. Il paese si svuotava e, ancora oggi, è difficile trovare
esercizi aperti in questa giornata. Tutti amano andare in campagna e, da un po’
di anni, anche andare al mare. Le tavolate sono piene di pasta fatta in casa: “stacchiodd
e makkarrun’ frusciddat”, capretto arrosto, sedano e molto vino.
Questa festa ha anche le sue
pietanza e i suoi dolci, “piddichedd”, pecorelle e colombe di pasta reale, che
vengono preparati da mani esperte sin delle Domenica delle Palme.
Con questi dolci è anche
possibile riconoscere le stratificazioni culturali della nostra comunità e il
significato ad essi attribuito.
I tipi fondamentali dei
dolci pasquali, rispetto alla materia impiegata come base, sono quattro: quelli
che utilizzano farina e uova, quelli fatti di pasta reale, quelli a base crema,
quelli che sfruttano anche la farina dei cereali. Rispetto alla simbologia che
esprimono ed alla propria funzione sono invece cinque: quelli che hanno l’uovo
come elemento centrale, quelli che raffigurano l’agnello, quelli che si ispirano
alla colomba, quelli che si richiamano al cuore, quelli, infine, non hanno,
almeno al presente, un valore simbolico, come “u currukl”. Il primo tipo è da
ritenere il più arcaico. E’ noto il significato del simbolo della cosmogonia
attribuito all’uovo dalle società antiche. In quanto rappresentazione
cosmogonica è evidente il suo richiamo al significato primigenio della Pasqua
intesa come rito che rigenera la sua natura. “La virtù rituale dell’uovo non si
spiega con una valorizzazione empirico - razionalistica che l’uovo incarna,
riferibile non tanto alla nascita quanto alla rinascita. Alla matrice semitica
della pasqua riporta l’agnello di pasta reale sormontata da uno stendardo d
carta rossa e bianca che simboleggia la Resurrezione. Con uno stendardo di
uguale colore è, infatti, rappresentato spesso il Cristo al momento della
Resurrezione.
Alla iconografia cristiana
sembrano rinviare i dolci a forma di colomba: “qualcuno vi ravvisa, in alcuni
casi, figurazioni dell’uccello apportatore della primavera, una simbologia che
proviene sicuramente da una più remota origine”. Per quanto il richiamo alla
colomba dell’Annunciazione sia evidente, la presenza dell’immagine di questo
animale, già ricordato nel racconto biblico del diluvio con diverso
significato, all’interno del rituale della Pasqua, costituisce un’ulteriore prova
a favore dell’ipotesi che questa festività sia un rito di rigenerazione della vegetazione:donde
la sua collocazione primaverile. I dolci pasquali, che per il loro carattere festivo
si mangiano per tutta la settimana, in particolare “li piddikedd” vengono
altresì scambiati in regalo. In particolare, era usanza, sino dall’inizio di
questo secolo, è ora in via di comparizione, che il fidanzato regalasse il
cuore alla fidanzata e da questa ricevesse in dono un cuore di pasta reale.
Difficilmente, negli anni
passati, i genitori per i figli e le nuore per le suocere dimenticavano di
preparare “u kurrukl”. In occasione della Pasqua era anche abitudine
confezionare pani speciali che raffiguravano pesci o altri animali.
E, per finire, non si può
dimenticare un attrezzo che tutti i bimbi di anni fa usavano il giorno della
Resurrezione, riempiendo le strade e le piazze dal rumore assordante causato
dalle “trenl”, che venivano fatte girare vorticosamente, producendo un suono
gracchiante che veniva inteso da molto lontano.
Michele Ciracì
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