Domenica 7 Febbraio 2016
A VOLTE RITORNANO
Gennarino Manganiello, fu Alfredo,
aveva poco più di trent’anni quando, rinunciando a seguire gli amici in
pizzeria o al cinema, era riuscito ad acquistare la sua prima bicicletta.
Usata, ma in accettabili condizioni. Le luci, però, avevano avuto bisogno di
una piccola revisione.
Quel
venerdì Gennarino aveva deciso di rientrare in paese prima del solito. Il sole
giocava ancora a nascondino tra i superbi tronchi degli ulivi. Quella
mezz’oretta di pedalate lo costrinsero ad attivare la dinamo appena giunto in
prossimità delle prime case. Dal campo sportivo sbucavano fuori ragazzini come
lumache. Non poteva correre il rischio di non essere visto. Il fievole fascio
di luce, che si staccava dalla ruota anteriore, attraversava i giovani giocatori
di calcio, ma non li illuminava. Probabilmente perché a quell’ora non era più
giorno e non era ancora notte o chi sa per quale recondita ragione. Sta di
fatto che al nostro ciclista, quei balordi, per poco non lo scollavano dal
sedile. Provvidenziali furono i suoi buoni riflessi e il suo rapido zigzagare
lungo i bordi dello stretto marciapiede. Quei ragazzi non avevano visto né
ciclista, né, tanto meno, la luce della due ruote.
Alla sua destra Gennarino lasciò la
strada che portava a Melentano, passando per il cimitero. Eppure percepiva
un’insistente attrazione ad andare di là. Come se da quelle parti ci fosse la
sua dimora. Indirizzò lo strumento di trasporto a sinistra, raggiungendo così
prima una scuola elementare e poi un incrocio semaforizzato. Si arrestò in
sincronia con lo scattare del rosso, a qualche metro dall’attraversamento
pedonale.
Un passeggino, spinto da una giovane madre,
picchiettò più volte contro la sua ruota anteriore, come se lui non fosse mai
arrivato in quel punto. La donna continuava ad armeggiare, inutilmente, con il suo porta bebè. Gennarino fu costretto
ad indietreggiare per liberare il passaggio. Solo allora la donna e il suo
bambino furono in grado di raggiungere il lato opposto.
Il semaforo, ormai, se l’era messo alle
spalle e, alzando gli occhi, già vedeva la maiolicata cupola della chiesa del santo patrono. Nella stessa direzione si
recava uno stuolo di ragazzini, ma nessuno di loro proferì parole all’indirizzo
del nostro ciclista. Niente saluti, nessun additamento, nessuna intenzione
d’accostare.
Gennarino Manganiello, fu Alfredo,
dovette superare svirgolando a più riprese. Come gli piaceva fare da qualche
mese, prima di spingersi tra i banchi del santuario, appoggiò il suo mezzo di
locomozione alla bacheca degli annunci funebri. Cominciò a scorrerli
velocemente, sicuro che avrebbe trovato quello che cercava. Ne lesse uno ad
alta voce, non udito da nessuno: «Gennarino Manganiello, fu Alfredo» e
scomparve per chissà quanto tempo ancora.
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