Domenica 17 Aprile 2016
BENEDETTA STANCHEZZA
La possibilità di
andare a scuola oltre le medie, in casa Manganiello, l’avevano avuta solo i
maschi.
Così Giovannina aveva da subito cominciato
a lottare con letti da rifare, pietanze da preparare, piatti da lavare e poi
spazzare, stendere, stirare, andare al mercato, alle poste per pagare questa o
quella bolletta, rammendare, tessere, dar da mangiare a peci e pesciolini
dell’acquario, portare Blek – il cane di casa – a fare i suoi bisogni,
accendere il fuoco nel camino, rifornire il deposito di legna attingendo dalla
cantina, apparecchiare per la cena, sparecchiare, lavare nuovamente pentole,
piatti e posate e mille altre incombenze familiari.
A tutto si fa il callo e Giovannina aveva
due mani che sembravano pale da forno. Andare su e giù per casa, uffici e
paese, via via, le dava sempre meno preoccupazione. La fatica di fare e rifare,
le procurava sempre meno dolore. Era come per gli antichi che, per abituarsi
alla cicuta, ne bevevano poco per volta, ma sempre, anche quando non la
sopportavano.
Per Carmelo, come per molti uomini di
allora, le cose erano andate diversamente.
Studio e lavoro, uno soltanto, fino
allora.
Usciva di casa alle nove meno dieci di
mattina e si ritirava alle tre del pomeriggio.
Una volta, proprio mentre tornava dal suo
impiego, incontrò Giovannina e i due, sudate le classiche sette camicie,
convogliarono a giuste nozze. Il lavoro c’era e la sua donna, già da tempo,
sapeva lavare, stirare, cucinare, filare, rammendare, tinteggiare, accendere il
fuoco. Sapeva anche, all’occorrenza, governare animali domestici.
Il pasto serale, da anni, per i due
coniugi che già avevano una mezza dozzina di figli, rappresentava un rito al
quale nessuno doveva mancare.
Giovannina, testa china sui fornelli,
riscaldava la minestra per il marito. In due o tre pentole a parte cuoceva
primi e secondi per i figli. Intanto che l’acqua raggiungeva l’ebollizione
apparecchiava per tutti, affettava il pane, grattugiava il formaggio, lavava e
condiva l’insalata. Toglieva e rimetteva i coperchi prima sulla pentola della
pasta e poi del riso, attenta alla cottura. Toglieva dal gocciolatoio l’avanzo
dell’insalata che spariva nella pattumiera con un colpo di gomito. Le mani
impegnate a rimestare.
Un paio d’urli e tutti erano a tavola.
Papà sbuffava tra i baffi.
Se il più piccolo dei figli aveva
“dimenticato” altrove la sua sedia, la mamma la recuperava. La mamma benediceva
la tavola; versava vino e acqua; condiva l’insalata; non faceva mancare una
spruzzatina di parmigiano al grande; pecorino al piccolo; caprino per il marito
e, se ne rimaneva ancora un po’, era per sé.
Tornava un attimo di là. C’era una camicia
da smacchiare, in bagno. E giacché si trovava da quelle parti, tirava fuori i
pigiami; sostituiva le federe ai letti, innaffiava i gerani sul balcone. Di
corsa tornava in cucina.
Carmelo, inchiodato alla sua sedia,
sbuffava: «Non si fa mai giorno, in questa casa!».
Buon appetito a tutti, mentre la mamma,
ancora in piedi, toglieva dal lavello le prime pentole; riattizzava.
«Il sale, manca il sale!». State, state,
va mamma a prenderlo.
«Il pane, è finito il pane! Chi lo prende?
Chi lo affetta?». Non muovetevi, ci pensa mamma, tanto è ancora in piedi.
Giovannina, non si sedeva mai.
Carmelo, era stanco, molto stanco.
Nessun commento:
Posta un commento