LUNEDI' 17 MARZO 2014
Consulente infedele? Non pagano i contribuenti. Tre donne battono il Fisco
di Roberta Grassi per Brindisireport
OSTUNI – Se a sbagliare è il commercialista il rischio di finire nel vortice di cartelle di riscossione dell’Agenzia delle Entrate e di Equitalia è tutto per il contribuente. Ma è anche vero che chi la dura la vince, ed ecco la storia a lieto fine di due imprenditrici (madre e figlia) assistite dall’avvocato Carmen Monopoli, la battaglia vincente di tre donne contro il Fisco e le sue rivendicazioni che finisce per fissare un principio importante in materia di irregolarità tributarie: “Se la colpa è del consulente ‘infedele’, non si possono sanzionare i contribuenti”.
Riavvolgiamo il nastro. Le due imprenditrici avviano nel 1999 una attività di ristorazione a Ceglie Messapica. La gestiscono fino al 2000. Nel 2008 l’Agenzia delle Entrate di Ostuni le convoca per verifiche in materia di tributi in riferimento all’anno 2002. Vengono chieste loro documenti che possiede il commercialista cui si sono rivolte. Per ragioni varie tali documenti non vengono loro mai consegnati.
Pochi mesi dopo il Fisco emette e notifica avvisi di accertamento riferibili a “gravi” e “ripetute” irregolarità e omissioni in materia di Irpef, Iva, Irap, e imposte varie. Scaturiscono sanzioni per ben 10.000 euro. Viene dato incarico a Equitalia di recuperare il credito che emette cartelle di importo complessivo superiore ai 10.000 euro (4.268 una, e 7.759 l’altra).
Da qui inizia la battaglia legale. Nel 2009 viene presentato ricorso al Tribunale di Brindisi che l’anno successivo intima al commercialista di restituire i documenti. Il consulente viene anche querelato, ma il procedimento si chiude con una sentenza di non luogo a procedere proprio per il suo “intervenuto” decesso.
Imprenditrici e avvocatesse si rivolgono quindi al Garante del Contribuente della Regione Puglia che chiedere all’Agenzia delle Entrate di relazionare adeguatamente sulla questione evidenziando che “i fatti denunciati dalla contribuente in merito al comportamento illecito del suo consulente meritano, con riferimento alle sanzioni particolare attenzione anche sul piano normativo”.
Infine il garante chiedere di procedere allo sgravio. L’Agenzia dell’Entrate temporeggia ma alla fine il 14 gennaio del 2014, procede. Resta lo scoglio Equitalia, che non intendere riconoscere lo sgravio perché, risponde, l’Agenzia dell’Entrate avrebbe dovuto procedere con una comunicazione “telematica” agli uffici dell’ente di riscossione.
Cavilli, ostacoli, inezie burocratiche e conseguenti difficoltà per le due povere imprenditrici. Senza voler entrare nel merito, alla fine la vicenda si chiude con un “happy end”, con tanto di rimborso e ammissione di responsabilità: “”Si ritiene pacifico che le sanzioni per omessa presentazione della dichiarazione dei redditi e mancato pagamento delle relative imposte non sono dovute quando le inadempienze tributarie sono addebitabili alla responsabilità del professionista infedele”.
Si sta ora valutando se intraprendere azione risarcitoria per il risarcimento del danno da ritardato annullamento in autotutela. Otto anni di calvario, insomma per le due imprenditrici. Morale della favola? Trionfa l’ostinazione di chi sa d’essere nel giusto, e di un legale altrettanto determinato che le strade per giungere a una risoluzione positiva del caso le ha percorse tutte, senza arrendersi alla prima porta in faccia.
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