LUNEDI' 28 APRILE 2014
Avvocato AUGUSTO CONTE
Uno dei pilasti dello Stato
moderno è costituito dalla Amministrazione della Giustizia; la Costituzione
Italiana nella parte in cui istituisce l'Ordinamento della Repubblica
inserisce, oltre al Parlamento e al Governo, la Magistratura, quale organo
autonomo e indipendente, alla quale è riservata la giurisdizione; l'articolo 24
della Carta Costituzionale consente ai cittadini di agire in giudizio per la
tutela dei diritti e afferma, solennemente, che la difesa è un diritto
inviolabile.
E' quindi compito dello Stato,
per dettato costituzionale, agevolare l'accesso alla giustizia e assicurare il
diritto di avere diritti e di vederseli giudizialmente tutelati; è chiaro che
l'esercizio del diritto alla giurisdizione debba avere criteri e modalità di
attuazione con una adeguata disciplina sul territorio: è altrettanto chiaro che
le regole operative e strutturali non possono svuotare di contenuto il diritto
costituzionale di accesso alla giustizia, rendendolo faticoso e costoso, a
scapito dell'altro principio costituzionale di uguaglianza di tutti senza
differenza di ceto e condizioni economiche (salva la esistenza di condizioni
per accedere al patrocinio per i non abbienti).
E' avvenuto ultimamente che i
costi di accesso alla giustizia (contributo unificato di iscrizione delle cause
a ruolo, diritti di Cancelleria, richiesta e rilascio copie, notifica di atti,
registrazione di sentenze, tutti incamerati dallo Stato e non dai Comuni) sono
levitati in maniera esponenziale, cui non ha ha posto rimedio la (parziale)
introduzione di servizi telematici; siccome la giustizia non può sostenersi con
i soli costi di accesso, il bilancio del Ministero è a carico dello Stato
attingendo alle imposte che tutti versano per ottenere i necessari servizi,
essendo la giustizia un bene comune.
Ad onta dell'aumento dei costi di
accesso anche il settore giustizia (nella generale previsione di risparmio,
comunque tutta da verificare) è caduto sotto la scure dei tagli (rideterminazione!!!)
di spesa, attraverso la chiusura di sedi di alcuni Tribunali, di quasi tutte le
Sezioni Distaccate, e di Giudice di Pace.
Per le sedi di Giudice di Pace è
stata adottata una particolare soluzione: se
Comuni o aggregazioni di Comuni intendono assicurare ai cittadini sul
territorio l'accesso più agevole, lo possono fare a proprie spese e utilizzando
proprio personale, perchè quello in organico è comunque trasferito ad altre
sedi di Tribunale o di Giudice di Pace; lo Stato, in tal modo (pur continuando
a incamerare i costi di accesso) “rinuncia” alla prerogativa e al
diritto-dovere di amministrare la giustizia, per conseguire la finalità del
pareggio di bilancio. Di fatto, però, il costo ricade su enti territoriali e
cittadini che vengono considerati “altro da sè” rispetto all'entità statuale,
con la stessa “logica” con la quale i cittadini meno consapevoli del loro ruolo
sovrano di cittadinanza considerano, a loro volta, lo Stato come “altro da sè”.
Per conseguenza il “risparmio” è
solo virtuale o formale, passando e gravando il costo dal bilancio statale a
quello degli enti territoriali, senza rendersi conto che tutto il “sistema” è
retto dal potere impositivo dello Stato e dal dovere contributivo dei
cittadini; tanto valeva, poichè chi paga è sempre il cittadino, compiere un
ulteriore atto di “coraggio” e, denunciando il fallimento della giurisdizione,
“privatizzare” quella parte di giustizia ritenuta (a torto) minore,
affidandola, come in parte già avvenuto, a mediatori, arbitri o altri organismi
di risoluzione alternativa delle controversie, il cui costo grava solo sui
fruitori del servizio, facendo anche contenta “l'Europa” che preme in tali
sensi.
Ancora; anche per la “giustizia”
come per altri servizi (addirittura quelli sanitari) lo Stato ha, con visione e
gestione aziendale, effettuato una valutazione costi-benefici, senza
considerare che, a mio parere, il settore giustizia (come quello della sanità a
presidio della salute), tutelando diritti, protegge oltre a beni materiali,
beni immateriali di ordine giuridico-sociale (posso indicare la libertà, i
diritti della persona, la manifestazione del pensiero e simili principi
fondamentali), che non solo nel diritto naturale, ma nel diritto positivo,
costituiscono patrimonio morale e valore incommensurabile, irrinunciabile,
immodificabile, non delegabile dallo Stato, appartenente alla collettività
nazionale prima che alle comunità locali o ai singoli cittadini.
Per venire alla nostra realtà
territoriale e con le stesse ragioni giustificative spiegate dagli organi
statali sul rapporto della proporzione costi-benefici, una Amministrazione
Comunale è chiamata dallo Stato a porsi il problema se debba sacrificare il
bene giustizia all'impegno di spesa che il mantenimento di quel bene comporta.
Presso il Giudice di Pace di
Ceglie Messapica sono in corso pendenti 170 cause civili e 50 procedimenti
penali; delle 170 cause civili circa 30 (quasi un quinto), sono cause
instaurate da privati cittadini contro lo stesso Comune di Ceglie Messapica
(aventi per oggetto per lo più azioni risarcitorie, o opposizioni a sanzioni
amministrative); il Comune è tenuto quindi a dare soluzione a una problematica che non accontenti o
scontenti singoli soggetti o categorie e che, pur comportando sicuri sacrifici
per il personale dell'Ufficio, d'imperio trasferito in altre sedi giudiziarie
in Brindisi, per professionisti e utenti, parti, testimoni, forze dell'Ordine,
operi una scelta che contemperi gli interessi, anche economici (cui ormai anche
la giustizia non sfugge), della intera collettività, con la “perdita” di un
Ufficio che annovera un ruolo di cause (e di processi penali) che, in totale,
si aggira su poco più di duecento, un quinto delle quali, nella materia civile,
sono contro lo stesso Comune.
La soluzione della questione
prescinde quindi dall'accorpamento, possibile o meno, all'Ufficio di
Francavilla Fontana, o dalla aggregazione all'Ufficio di Ceglie Messapica dei
Comuni di Cisternino, San Michele o Villa Castelli (peraltro non propensi a
sostenerla); peraltro, nutro qualche riserva sul mantenimento delle sedi che
hanno espresso la volontà di autofinanziarsi: non mi constano recenti
iniziative operative in tal senso da parte dei Comuni interessati.
Non è con piacere che compio
queste brevi, ma realistiche riflessioni, nel rispetto di quelle di altri, a
conclusione della vicenda storico-giuridica di Ceglie Messapica, essendo, per
vari e noti motivi, “legato” alle Istituzioni della Città; ma i sentimenti
personali (mitigati dalla constatazione che l'Ufficio del Giudice di Pace non è
paragonabile al presidio giudiziario sul territorio costituito dalla Pretura
Mandamentale, per due secoli punto di riferimento per la domanda di giustizia
nelle realtà locali e centro di formazione giuridica, e non solo, per avvocati
e magistrati, come mi confermava il dott. Mario Egidio Schinaia, Primo
Presidente Emerito del Consiglio di Stato, già Pretore di Ceglie Messapica),
devono essere conservati negli “interna corporis”.
Avvocato AUGUSTO CONTE.